I piccoli aeroporti di provincia che accolgono i voli low cost mi ricordano nella filosofia i discount alimentari. Dimessi, spartani e funzionali, senza fronzoli e paillettes. Volare low cost è come prendere la corriera. L’avvento di questa rivoluzione irruente ha abbattuto non solo i costi ma quel residuo di sacralità aristocratica che permeava il viaggio in aereo. Viaggiare a basso costo su una corriera volante porta democrazia e diffonde i contatti interculturali. È con la mobilità tenace che si combatte l’oscurantismo. Da qualche parte ho sentito (mi piacciono le voci che diventano storie) di futuri voli scontati che si fanno ancora più arditi e coraggiosi, dove i passeggeri prenderebbero posto in aerei concepiti come veri e propri autobus urbani. I passeggeri sarebbero assicurati a delle imbracature che li sorreggerebbero in piedi durante il tragitto del volo. Più o meno come tenersi agli appositi sostegni all’ora di punta. Tutto ciò mi piace e mi affascina. È d’importanza vitale accelerare il processo di democratizzazione aerea. Viaggiare con poco e molto spesso contribuirebbe a ridefinire i rapporti con il mondo. In meglio, ne sono sono sicuro.
Ho viaggiato low cost per andare a Francoforte, alla Buchmesse o Fiera del libro come dichiara la sua traduzione. Non c’ero mai stato e ritengo che sia stata un’esperienza importante, se non necessaria. Più o meno come la prima volta che sono stato al festival di Angouleme. Devi sapere cosa succede nel tuo settore. Devi capire. Non so se ho capito, ma ho di sicuro riflettuto e imparato. Lo scenario era l’altro mondo. Il mondo di chi corre, di chi ha gli appuntamenti in agenda. Lo spazio enorme della fiera era un microcosmo che si muoveva velocissimo. Mi tornava in mente Autobahn, uno dei primi dischi dei Kraftwerk, forse addirittura il primo, con il suo reiterare mobile di note inarrestabili. Lo spazio che viene percorso incessantemente. Le persone come atomi che rimbalzano stoici e frenetici tutti con una missione editoriale/commerciale da compiere.
È stato importante esserci sia come singolo autore che come parte di un gruppo estemporaneo di editori italiani tutti sono uno stesso stand coordinato dai ragazzi del Comicon di Napoli. Io ero con Omar Martini della Black Velvet. Qualcosa si sta muovendo e vorrei tanto che questo fosse il primo passo verso una nuova fase di politiche editoriali che prevedono anche l’esportazione e non solo il contrario. L’esserci deve avere un suo peso.
Sono stati di giorni intensi dove purtroppo la città è rimasta solo un punto di riferimento, uno scenario suggestivo ma mai avvicinato. Resta quella sensazione di estraneità obbligata che mi sembra quasi una mancanza di rispetto per il luogo che ti ospita. È il modo di viaggiare che non mi rappresenta dove il luogo non ha alcuna funzione se non quello dell’incontro. Di Francoforte mi è rimasto il ricordo di una kneipe a sera tarda. Una kneipe (che in Germani suona meglio di osteria) di quelle dove il tempo si è fermato parecchi anni indietro dove la donna al bar ci sorrideva e, in un italiano imparato a servire birre, ci dedicava una bella versione swing di Volare cantata da non so chi.
Per un attimo tra le mie sinapsi si è interrotto il loop di Autobahn. La birra mi è sembrata più buona.
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