mercoledì, novembre 22, 2006
Il bambino e il drago
il bambino vuole salire sul drago. è un drago molto grande di plastica gonfiata. color azzurro o forse verde come di solito sono i draghi. per arrivare alla testa del drago, alla sua bocca enorme, bisogna scalare le viscere alte fino all'esofago. il bmbino si toglie le scarpe mentre la mamma paga il prezzo di tre euro. il padre, poco più in la, parla con un amcioc e collega di come i luoghi degradati se opportunamente riqualificati da un efficace offerta culturale cambi la sua fisionomia e la sua ragion d'essere. quella mattina infatti in quella piazza non c'era traccia alcuna di punkabbestia con cani e cacca, di tossici, di spacciatori e di bottiglie rotte. ancora una volta il padre e l'amico ribadiscono il concetto che con il manganello brandito in nome della legge e della legalità non si ottiene poi così tanto. soddisfatto di questi bei discorsi il padre si avvia verso il drago. estrae dalla custodia la piccola macchina fotografica e si aprresta a immortalare il figlio bambino nella scalata. la sclata è dura e impervia e il bambino che è picoclo d'età e quindi piccolo anche nel suo corpo arranca. gli altri bambini, tutti più grandi nell'età e nel corpo spingono e premono impazienti. il figlio comincia ad andare nel panico. è brutto sentirsi il fiato sul collo. ansia. la sua agià difficile scalata è resa ancora più complicata da un accidente. la scala di gomma che si inerpicava attraverso le viscere si stacca nei gradini più alti, mostrando la superficie assolutamente liscia e periva di appigli. il figlio scivola, nonostante gli sforzi tenaci e reiterati e alla fine viene scavalcato, pestato dagli altri bambini impazienti. il padre, che a questo punto non pensa più né alla macchina fotografica, né all'adeguata offerta culturale, vorrebbe intervenire, vorrebbe salire anche lui e aiutare il filgio. commenta ad alta voce la situazione, incita il figlio e mentre parla si rende conto di sbagliare di fare danni, ma di non riuscire a non farli. la madre e moglie egli dice di lasciar stare, che se la deve cavare da solo il filgio. è abbastanza brutto. la madre e il padre fanno notare al custode del drago che per 3 euro di pedaggio questo drago dovrebbe essere efficiente e in ottima salute e che perlomeno potrebbe salire e aggiustare quie gradini pendenti. il custode è troppo impegnato a osservare le scarpe degli altri bambini disposte ordinate su un tappeto di erba sintetica per potere intervenire. nel frattempo il figlio è riuscito ada rrivare all'imboccatura delle fauci del drago e piange a dirotto. si butta giù per lo scivolo ormai senza gioia solo per inerzia o per far finire il supplizio. . il padre non fa la foto con la piccola digitale ma con la retina collegata a gangli e neuroni. una foto indelebile e straziante di un bambino che piange e che scivola piangendo. è un ennesimo viaggio nel tempo e negli abissi del rimosso. affiorano in tutto il loro splendoro squarci improvvisi di un altra infanzia, fotografie mai viste. e compare il padre del padre con le sue mani enormi. un padre del padre onnipotente e salvatore. e la vita da adolescente sfila davanti crollando su se stessa come le pedien del domino. il bambino è arrivato , in braccio alla madre. il padre è lì immobile e si sente fuoriposto. vorrebbe dire le parole giuste che iniziano sempre con l'appellativo "figliolo" e invece niente se non una carezza al figlio. gli infila le scarpe mentre il custode del drago si decide a salire e tenere fermi i gradini nelle viscere del drago.
il cielo è azzurro e non sembra autunno inoltrato. la famiglia va e cammina da un'altra parte e nella testa del padre risuona una frase forse di Pasolini.
Er monno è per chi c'ha li denti.
sente dolore.
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