mercoledì, ottobre 14, 2009
Aspettando Esperanto 10. Il respiro della città
Mio suocero dice perché mai dovrebbe vivere in un posto lurido, puzzolente e caotico come New York. molto meglio il giardino a Valhalla o la vista sul mare a Cariati. io invece di essere circondato da alberi e svegliarmi al canto del gallo o dell'upupa non è che ci tenga poi tanto. anzi. per anni sono stato svegliato dall'arrivo dei camion che scaricavano le merci al mercato di San Benedetto a Cagliari. iniziavano a far chiasso che non erano ancora le 6. per me era un momento bellissimo quello. era la fine della notte, la fine dei fantasmi, dei demoni e degli incubi. con i rumori che annunciavano l'arrivo della luce riuscivo finalmente a dormire tranquillo. sono abituato al caos e ai rumori ed Esperantia è chiaramente la mia città ideale, o almeno quella a cui sono più abituato. Esperantia è illogica come sono solo le città di mare, arroccate a ridosso del porto con vie strette e buie. Esperantia ha la stessa puzza della subway di New York e di Istanbul. tutto così intimo che ci sono stato anche senza sapere dove collocarla. Nel continuum del racconto invece ha una sua collocazione: Mar Caspio, dove da noi forse c'è Baku. ma lì non ci sono mai state Iran e Unione Sovietica.
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