lunedì, ottobre 19, 2009

Aspettando Esperanto 14. Un equivoco linguistico



Mi è capitato, prima in occasione dell'edizione francese, e ora in attea dell'edizione italiana, di ricevere alcune lettere di studiosi e appassionati esperantisti. Lettere molto accorate e puntuali che vertevano sui miei errori sintattici e grammaticali presenti nel romanzo. apprezzo l'entusiasmo e faccio tesoro delle precisazioni, però tengo a precisare alcuni dettagli del mio libro che poi non son marginali.
Esperanto non è un testo di grammatica esperantista, né tantomeno si arroga (e mai ne avrebbe il fine) di essere scritto in esperanto. Esperanto è n'opera di fantasia, un romanzo, un'ucronia, anzi una distopia ambientata in un altro continuum spaziotemporale dove le guerre sono state soppiantate dal gioco d'azzardo e l'esperanto ha avuto la diffusione analoga, (anzi maggiore) di quanto l'inglese ne abbia nel nostro continuum (il Terra 1218 secondo la classificazione dell'indice ufficiale Marvelcomics). e allora potrebbe capitare che la lingua subisca delle evoluzioni (involuzioni o de-evoluzioni) imponderabili e incontrollabili. del resto l'esperanto è rimasta (purtroppo) una lingua con pochi parlanti e mai inserita in un contesto dinamico come la lingua parlata e deformata liberamente. nessuno può sapere quali derive avrebbe potuto prendere la lingua creata da Zamenhof calata in un contesto sociale come quello caspico in cui di fatto è ambientato il mio romanzo.
la mia esigenza di uso dell'Esperanto si è concentrata sulla sottolineatura per un desiderio di un mondo migliore, di un mondo più unito, che supera le guerra e qualsiasi barriera territoriale. il mio uso dell'esperanto era piuttosto un atto di amore. Non voleva essere una cialtroneria né tantomeno un'invasione di campo. Non voleva essere oltraggio, nè voleva mancare di rispetto a coloro i quali si prodigano nella diffusione linguistica. tutt'altro. la mia speranza (già in parte esaudita) è che la gente che non sa si chieda cosa sia l'esperanto, che possa capire che esiste una lingua universale che potrebbe risolvere non pochi problemi sia culturali che politici. E magari tra questi qualcuno ce ne sia una buona quantità che voglia apprendere e diffondere. Vorrei tanto questo.
poi se fra gli studiosi ci fossero degli interessati a tradurre in esperanto tutto il libro, non potrei che dire grazie ed esserne davvero entusiasta!

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e

Anonimo ha detto...

Qualunque opera che parli di esperanto in modo non denigratorio è per me meritoria, e la sua non è un'eccezione. E' anche vero che nessuno può sapere cosa succederebbe se l'esperanto fosse diffuso su granda scala, perché non è successo (purtroppo).

E' pur vero che alcuni errori linguistici nella sua opera sono difficilmente comprensibili, sembrano dovuti a incuria più che a una simulazione di irregolarità o altri tratti anomali derivate dalla supposta diffusione della lingua stessa. Ritengo che sia questo il punto che disturba l'esperantofono che le scrive.

Amike salutas vin,

Federico Gobbo