venerdì, dicembre 08, 2006

cerco foto ghetto

avrei bisogno di un aiuto.
devo disegnare una veduta dei tetti del ghetto ebraico. Possibilmente di Varsavia ma anche di Lodz o di un altra città dello Yiddishland andrebbe bene. non riesco a trovare il materiale adatto. se qualcuno avesse foto, materiale d'archivio o altro e fosse disonibile a invirlo accetto volentieri.
grazie!

giovedì, dicembre 07, 2006

Le canzoni di Bruno Lauzi


Stamattina prima di andare in studio sono passato nel solito negozio di dischi in centro.è un periodo che mi piacciono le ristampe o cose poco alla moda. nello scaffale della musica italiana c'era un cofanetto di Bruno Lauzi. l'ho preso d'istinto, senza pensarci molto. era quello che avevo voglia di ascoltare. non possedvo ninete di Lauzi, forse qualcosa in vinile a Cagliari ma di mio padre come pure gli spartiti. S'inizia con Ritornerai. ha l'incedere del bolero, poi pina piano salgono gli archi. ci sono molti archi in quasi tutti i pezzi. stesso periodo di Scott Walker, similitudini strutturali, convergenza di gusti. entrambi amano gli chansonnier francesi. entrambi li hanno tradotti. Il cofanetto è composto di 3 dischi con canzoni disposte in ordine cronologico. si chiude con L'ufficio in riva al mare. Bruno Luazi è sempre stata una figura icona della mia infanzia. Insieme a Gaber e a Sergio Endrigo. erano quelli con la faccia buffa che facevano belle canzoni ma sembravano anche un po' attori di cabaret. La canzone che mi piaceva di più di Luazi era Garibaldi Blues, ossia la versione assurda e bislacca di Fever. Allora frequaentavo le elementari e non ero insensibile al fascino dell'eroe dei due mondi. Preferisco di gran lunga le sue versioni di Onda su Onda e soprattutto Genova per noi scritte da Paolo Conte. c'è quell'aria di disincanto ruvido che nasconde la tenerezza che Conte non ha. Sentivo Lauzi anni fa alla radio di mattina molto presto, in un perido in cui non riuscivo a dormire senza un sottofondo. aveva un humour originale e rarefatto e mi dispiacevo che l'avessero relgato in un orario di frontiera, quasi punitivo. poi si è ammalato e poi se n'è andato come Gaber e Sergio Endrigo. Oggi mi ha tenuto compagnia per tutta la giornata di lavoro. Ed è stata, nonostante l'uggia grigia e appiccicosa, una bella giornata.
playlist unica:
Bruno Lauzi: le mie canzoni

domenica, dicembre 03, 2006

I tetti di Cagliari


i tetti delle case mi affascinano. Forse perché ho quasi sempre abitato ai piani bassi dove vedi le macchine che passano e i passanti che passano. A volte puoi senitre perfino cosa dicono. I tetti con le antenne erano lontani e irraggiungibili, vcosì come le loro terrazze, negli anni sempre più disseminate di cisterne, molto più modeste di quelle di Manhattan. Quando posso disegno i tetti. quanche anno fa. diciamo quasi venti ci sono anche stato. qualche foto ricordo per qualche progetto musicale mai fatto. si parlava di spazzacamini. allora come oggi trovavo che fosse ineluttabile il vagare tra scrittura, musica e fumetto. Anche F. la pensava così e certe notti passate a disegnare insieme mi mancano ancora. La foto scattata da mio fratello, è riaffiorata qualche giorno fa, mentre cercavo di fare ordine. ci ho pensato un po' e poi l'ho messa online. magari qualcuno si ricorda di altri anni. né più belli nè più brutti. solo altri.

playlist domenicale
Nicola Arigliano: Go man! (bellissimo!)
Manlio Sgalambro: Fan Club
The Nits: dA dA dA

venerdì, dicembre 01, 2006

Il valzer dei reduci


C'è stata la guerra e noi siamo stati al fronte a combattere. Non si sa contro chi l'abbiamo fatta questa guerra, né se l'abbiamo vinta. L'abbiamo combattuta e non siamo morti. Quindi se non siamo morti siamo reduci. Noi tutto reduci ci hanno radunato in un posto che sembra un circolo bocciofilo, un CRAL del dopolavoro ferrovieri. C'è il bar, c'è un giardino con le bici parcheggiate, c'è un pergolato e una pista da ballo per il liscio. Da qualche parte c' anche un campetto da tennis con un po' di tribune. Noi tutti siamo lì da qualche giorno. ci hanno fatto togliere le divise e siamo di nuovo vestiti come prima della guerra. Chi bene e chi male. Ci sono quelli alti e grossi che se la ridono e ci sono quelli bassi come me e Diego che cercano di rideresla lo stesso ma stanno comunque in campana come se ci fosse ancora la guerra. Io e Diego siamo anche nati lo stesso giorno. Lui ha i baffi, io non so. Passano giorni quasi di vacanza. sembra di essere in Rromagna. A un certo punto si viene a sapere che mantenere i reduci costa troppo. del resto mica si può lasciarli andare in giro quando magari son ancora feriti nel corpo o nell'anima. Il fatto è che i reduci sono un costo per lo stato, un costo economico alto e pure d'immagine. e allora si fa una specie di lotteria. Chi estrae la fascia da mettere al braccio di colore giallo può continuare a ridere, quelli che invece estraggono la fascia rossa verranno fucilati. Giusto per ridimensionare le spese. Mentre si fa l'estrazione un paio di reduci alti e con il mascellone dicono che è giusto che sia così e ti dicono anche un sacco di altre di cose sul coraggio e la sovrappopolazione. Si capisce subito che di lì a poco avrebbero estratto la fascia gialla, qulla della salvezza. E così va. Invece io e Diego afferriamo la fascia rossa. Quella dei condannati a morte. Noi pensiamo che se non ce la mettiamo nessuno si accorgerà di noi, ma così non va. un maresclallo, prontamente avvertito da quelli che se la ridono ci obbliga a mettere la fascia ed a spettare il nostro turno.
per alleggerire la situazione le esecuzioni avvengono durante una festa dove tutti si divertono. Poi certi continuano a divertirsi e altri vanno a morire. Vengono invitate anche le moglie. Mia moglie non c'è e neppure quella di Diego. Quelli che devono morire salgono sulla pista da ballo e possono scegliere di essere fucilati mentre ballano il valzer con la moglie. la molgie pò scegliere se morie con il marito o schivarsi al momento dello sparo. chi non ha moglie balla da solo. Il valzer non è di quelli frnacesi suonati con la musette, è liscio ruspante. a me non piace il liscio. a da ltri piace e ballano. Il plotone prende la mira e poi spara e quelli muoiono. quelli più tristi a vedere sono quelli che ballano da soli e che non son nemmeno capaci di ballare. Certi invece si divertono a ballare ed è un peccato vederli morire. certe moglie si stringono al arito altre si scansano e poi ballano con un cadavere. Fra un po' tocca anche a me a Diego. Intanto al campetto da tennis altri condannati a morte vengono preparati per la cerimonia. Devono passare davanti a quelli ce la ridono e farsi rapare il cranio. Così andranno ordinati davanti al plotone d'esecuzione. A me non piace il liscio e nemmeno farmi rapare a zero da altri che se la ridono. è una storia molto brutta che non mi piace più. Allora saluto Diego, che ha deciso di morire, salgo sulla scalinata del campetto da tennis e spicco il volo. Me ne vado e mentre volo e sorvolo quella tristezza mi accorgo di quanto mi sia mancato volare per la durata di quella guerra contro chissà chi.
Sogno fatto nella notte del 27 novembre.
Disegno fatto a Lucca per Smokyman e da lui gentilmente concesso.

mercoledì, novembre 29, 2006

Il mare come antidoto


Oggi trovavo il grigio e l'uggia davvero insopportabili. mi sentivo come gli antichi galli di Asterix che se ne andavano in giro con lo scudo a ripararsi la testa dalla caduta del cielo pesante e di piombo. Meno male che novembre sta finendo. Riguardando tra i disegni fatti in estate ho trovato questa tavola che pubblico e potrei usare come antidoto. C'è il mare, c'è il tempo dilatato, c'è la lentezza. è la prima pagina di una fiaba per mio figlio. Per ora c'è solo questa, il resto è da qualche parte, magari in un'altra estate.
L'ho disegnata poco prima di Fantomas, anzi sono le prove generali fatte su formato ridotto. ho lavorato alla cieca, guidato solo da un'idea e dalla ricerca di un segno il più intimo possibile.

playlist:
Peter Gabriel: Up
Radio Head: ok Computer (era da molto che non l'ascoltavo e il tipo della lettura del gas ha apprezzato molto la mia scelta)
Depeche Mode: Playing the Angel
David Bowie: Reality

sabato, novembre 25, 2006

Gli incontri con gli autori

Questo è un periodo denso di iniziiative, di mostre, di festival, di uscite. un perido in cui il contatto con pubblico è stato molto più frequente del solito. sono stato protagonista o spettatore di incontri con i lettori dalle modalità molteplici. certi più riusciti di altri. certi più consoni alla mia sensibilità.
la riflessione che ho fatto riguarda alla necessità assoluta che provo nell'avere un contatto diretto con legge le mie cose, una necessità che però va oltre la canonica presnetazione che prevede il sottoscritto seduto dietro a un tavolo in compagnia di un intervistatore e gli altri a seguirmi in paltea.
mi attira fare altro. qualcosa che vada sempre più verso la direzione spettacolo. non so come definirlo e allora uso un generico e forse improbabile spettacolo.
ho delle idee.
però prima di raccontarle qui sul blog mi piacerebbe sentire qualche vostro suggerimento. ecco qualche domanda

come vorreste gli incontri con gli autori?

cosa ne pensate di quelli che mi hanno visto come protagonista?

preferite un incotro basato su un solo libro con molta narrazione o preferite qualcosa di più tecnico e ampio?

perché il pubblico è restio a interagire?

consigli.

vi ringrazio e vi lascio alla playing list quotidiana.

the seahorses: do it yourself

roland orzabal: tomcats screaming outside

talking heads : the name of this band... CD 2

giovedì, novembre 23, 2006

Il Viaggiatore a Padova


Un appuntamento per questo pomeriggio. alle 18 sarò alla libreria Feltrinelli di Padova in via san Francesco. Con Omar Martini parleremo del Viaggiatore e delle prossime iniziative editoriali. Al termine chiacchiere con il pubblico.

per quelli che sono a Bologna invece ricordo che oggi è la giornata dedicata alle celebrazioni del primo decennale di attività di Kappa edizioni. per ulteriori ragguagli visitate i sito Kappa www.kappedizioni.it

Domani alle 12 invece il mio alter ego Mario Rivelli parlerà all'Università di Modena all'interno dell'insegnamento della prof. Crippa di Storia delle religioni. tema dell'incontro: dal divino al mostruoso. da Prometeo a mr. Hyde.

playlist:
Roxy Music: Avalon
The Go Betweens: Ocean Apart
A.A.V.V.: Glam+Glitter
Ladytron

mercoledì, novembre 22, 2006

Il bambino e il drago


il bambino vuole salire sul drago. è un drago molto grande di plastica gonfiata. color azzurro o forse verde come di solito sono i draghi. per arrivare alla testa del drago, alla sua bocca enorme, bisogna scalare le viscere alte fino all'esofago. il bmbino si toglie le scarpe mentre la mamma paga il prezzo di tre euro. il padre, poco più in la, parla con un amcioc e collega di come i luoghi degradati se opportunamente riqualificati da un efficace offerta culturale cambi la sua fisionomia e la sua ragion d'essere. quella mattina infatti in quella piazza non c'era traccia alcuna di punkabbestia con cani e cacca, di tossici, di spacciatori e di bottiglie rotte. ancora una volta il padre e l'amico ribadiscono il concetto che con il manganello brandito in nome della legge e della legalità non si ottiene poi così tanto. soddisfatto di questi bei discorsi il padre si avvia verso il drago. estrae dalla custodia la piccola macchina fotografica e si aprresta a immortalare il figlio bambino nella scalata. la sclata è dura e impervia e il bambino che è picoclo d'età e quindi piccolo anche nel suo corpo arranca. gli altri bambini, tutti più grandi nell'età e nel corpo spingono e premono impazienti. il figlio comincia ad andare nel panico. è brutto sentirsi il fiato sul collo. ansia. la sua agià difficile scalata è resa ancora più complicata da un accidente. la scala di gomma che si inerpicava attraverso le viscere si stacca nei gradini più alti, mostrando la superficie assolutamente liscia e periva di appigli. il figlio scivola, nonostante gli sforzi tenaci e reiterati e alla fine viene scavalcato, pestato dagli altri bambini impazienti. il padre, che a questo punto non pensa più né alla macchina fotografica, né all'adeguata offerta culturale, vorrebbe intervenire, vorrebbe salire anche lui e aiutare il filgio. commenta ad alta voce la situazione, incita il figlio e mentre parla si rende conto di sbagliare di fare danni, ma di non riuscire a non farli. la madre e moglie egli dice di lasciar stare, che se la deve cavare da solo il filgio. è abbastanza brutto. la madre e il padre fanno notare al custode del drago che per 3 euro di pedaggio questo drago dovrebbe essere efficiente e in ottima salute e che perlomeno potrebbe salire e aggiustare quie gradini pendenti. il custode è troppo impegnato a osservare le scarpe degli altri bambini disposte ordinate su un tappeto di erba sintetica per potere intervenire. nel frattempo il figlio è riuscito ada rrivare all'imboccatura delle fauci del drago e piange a dirotto. si butta giù per lo scivolo ormai senza gioia solo per inerzia o per far finire il supplizio. . il padre non fa la foto con la piccola digitale ma con la retina collegata a gangli e neuroni. una foto indelebile e straziante di un bambino che piange e che scivola piangendo. è un ennesimo viaggio nel tempo e negli abissi del rimosso. affiorano in tutto il loro splendoro squarci improvvisi di un altra infanzia, fotografie mai viste. e compare il padre del padre con le sue mani enormi. un padre del padre onnipotente e salvatore. e la vita da adolescente sfila davanti crollando su se stessa come le pedien del domino. il bambino è arrivato , in braccio alla madre. il padre è lì immobile e si sente fuoriposto. vorrebbe dire le parole giuste che iniziano sempre con l'appellativo "figliolo" e invece niente se non una carezza al figlio. gli infila le scarpe mentre il custode del drago si decide a salire e tenere fermi i gradini nelle viscere del drago.
il cielo è azzurro e non sembra autunno inoltrato. la famiglia va e cammina da un'altra parte e nella testa del padre risuona una frase forse di Pasolini.
Er monno è per chi c'ha li denti.
sente dolore.

martedì, novembre 21, 2006

Jack Psycho Killer


questa pare fosse la faccia di Jack lo Squartatore. un buzzurro con i baffi e il mascellone, mica un medico aristocratico come ci aveva fatto credere Alan Mooore. ci sono voluti anni di studi per arrivare a questa faccia. che dire? una faccia d'altri tempi, una faccia da oggi le comiche, faccia di vecchie foto, una foto come tante di una persona come tante e quindi anche probabile in veste di archetipo serial killer. preferisco comunque continuare a aimmaginarlo come l'ho sempre immaginato, ossia una figura cangiante umorale e per questo indescrivibile. è il buio è il male è la volgarità celata.

meglio parlare d'altro. per esempio dei Talking Heads. L'altro giorno avevo proprio volgia di ascoltarli. era da tempo che non mettevo più su un disco loro. Li ho tutti in vinile e a Cagliari per giunta, così ho comprato The Name of this Band... in versione ampliata. nel secondo CD c'è in pratica tuta la versione live di Remain in Light quando Byrne e soci andarono in tour con una band di una decina di elementi. un'orchestra. Leggendo tra i credits mi accorgo che la prima parte della raccolta era stata registrata Live il 17 novembre 1977 a Maynard nel Massachussets. Ho comprato il disco sabato 18 novembre esattamente 29 anni e un giorno dopo. Io ero un ragazzino del liceo che aveva appena scoperto in una botta sola il primo disco dei Devo, il primo degli Ultravox e il primo dei Talking Heads per l'appunto. tutti prodotti da Brian Eno. a riascoltare quei suoni dopo tanto tempo non ho provato quel senso di datato di malinconica nostalgia un po' patetica che mi prende che so con i Visage o altre leggerezze dei primi '80. Ci sono ancora passaggi, atmosfere, soluzioni armoniche che hanno mantenuta intatta tutta la loro freschezza ed è questo che fa la differenza. dall'avvento del punk in poi c'è stata un'accelerazione improvvisa durata sei o sette anni e poi un quasi congelamento che dura tutt'ora. troppo veemente è stata la spinta per poter reggere con la stessa intensità nei decenni successivi. si va a passo compassato, quasi di lumaca in un continuo esercizio di ripasso e di recupero. siamo già al revival del revival della new wave (Blur prima metà anni '90, un'infinità di gruppi, Franz Ferdinand su tutti adesso). in uno dei miei corsi viene un ragazzo sui sedici anni con tanto di cresta, chiodo, anfibi dr. martens, pantaloni stretti scozzesi con cerniere e borchie, ttuo in perfetto stile Punk 77. ci sono pochi punk in giro e la loro apparizione desta sutpore, curiosità a volte timore. Oggi come allora. qualcosa vorrà anche dire.
è strano che alla fine gli zii ascoltano la stessa roba dei nipoti, quasi senza litigare, quasi in armonia totale.fa sorridere che sia il punk nichilista a individuare e sancire un accordo transgenerazionale.

venerdì, novembre 17, 2006

Low Life


Low Life era un titolo di un album dei New Order di parecchi anni fa. uno dei miei preferiti. per anni avevo pensato di fare qualcosa usando queste parole. un giorno mi è venuto un disegno a matita con un omino triste che guarda per terra mentre cammina. perché anche se non si vedono le gambe sta camminando. è rimasto lì per un sacco di tempo, poi in seguito l'ho disegnato di nuovo e gli ho messo pure un nome Isidore Bemporad. era chiaramente di origine ebrea. intorno a questa immagine si sono aggregate idee, appunti e suggestioni che sono diventate una storia che ora sto disegnando. non si chima però Low Life. questa vita di basso profilo che tanto mi intriga raccontare deve ancora attendere, deve ancora trovare i suoi attori.

ancora su vecchi dischi. ogni volta che c'è la nebbia mi viene in mente Desire dei Tuxedo Moon. mi sembrava un disco che si muoveva attraverso la nebbia. mi sembra che fosse la colonna sonora di un balletto. invece per me era diventato la base per una storia mai fatta. avevo appena scoperto frigidaire e alter e avevo capito che si poteva disegnare in un altro modo. c'era un tipo che aspettava la fidanzata sotto un lampione che non illuminava più niente, tutto fagocitato dalla nebbia. la ragazza si era persa, veniva inseguita da un furfante con la coppola dalla faccia molto inglese e c'era anche un poliziotto che cercava di capire la provenienza di quelle urla straziate di donna e che invece trova un uomo sotto al lampione con un mazzo di rose avvizzito in mano. Forse l'uomo era vecchio e pure morto.

quando torno a cagliair mi capita di mettere mano a disegni vecchi, a pezzi di storie ad agende di appunti. in certi quaderni non ero ancora diventato Otto Gabos. provo sentimenti contrastanti che vanno dalla tenerezza al fastidio. non li butterei mai via però. non capita quasi mai che fra autori si parli del periodo che viene prima della pubblicazione, di tesori, cadaveri, reliquie o peluche ammaccati. forse è un peccato.

martedì, novembre 14, 2006

Incontro Gabos Vs Semerano

vi segnalo l'incontro di domani mercoledì 15 novembre.
Massimo Semerano e il sottoscritto converseranno su temi inerenti al fumetto. Gianni Barbieri "modererà" l'incontro con la consueta sagacia.
è un'occasione per parlare ad alta voce di fronte a un pubblico di storie, riflessioni, intuizioni che di solito affollano le nostre chiacchierate informali. una condivisione con altre persone che potranno interagire con noi. l'evento, di per sé affatto rivoluzionario, è tuttavia raro nell'ambito degli operatori del fumetto. spesso incontri e dibattiti si svolgono tra critico/esperto/giornalista che intervista autore e quasi mai tra autore che intervista autore. insomma un altro punto di vista. al termine della serata saremo a disposizione del pubblico per domande e dediche.
agli utenti della provincia di Bologna segnalo una mia partecipazione alla trasmissione odierna di Humus condotta da Piero santi sulle frequenze di Radio Città del Capo. dovrei essere in onda intorno alle 18.
segue il comunicato ufficiale dell'incontro:
FUMETTI SUL DIVANO - PRIMO APPUNTAMENTO

Mercoledì 15 novembre avrà luogo presso la libreria Modo Infoshop (Via
Mascarella 24b - 40126 Bologna) la terza e ultima serata della rassegna
"Fumetti sul divano", che offre la possibilità di incontrare alcuni degli
autori che pubblicano per Black Velvet e per conversare su quello che fanno
e sui fumetti che realizzano.
Durante questo appuntamento (la cui impostazione è in continua evoluzione)
Otto Gabos, autore di libri come "Apartments", "I camminatori", "Il
viaggiatore distante", chiacchiera con Massimo Semerano, il creatore del
"Dottor Cifra", "Rosa di strada" e "Europa", introdotti e "guidati" da
Gianni Barbieri.
Per informazioni: tel. 051/5871012 - fax. 051/5871013
info@modoinfoshop.com
www.modoinfoshop.com

martedì, novembre 07, 2006

Memorie naif


una pagina di questa piccola storia apparsa su Mondo Naif 28. Più che una storia un pezzo di un diario mai scritto. forse invece potrei iniziare a scriverlo davvero. Quando ne ho voglia e senza la presunzione di farlo diventare necessairmante qualcosa di diverso. Continuare a ripercorrere tutti questi anni passati a fare fumetti. In merito avevo già scritto qualcosa sul sito. Ricordi ma non solo. Ogni tanto mi capita di vivere cose più interessanti di altre, cose che magari anche altri potrebbero condividere. Vediamo un po'.
Nel frattempo ho ripreso a lavorare a pieno regime. il problema è riuscire a far convivere in un'unica giornata diverse cose, spesso molto distanti l'una dall'altra. scrivere sul blog, oltre che un impegno (piacevole e che mi sono deciso di prendere in totale autonomia) è anche uno di quei bei momenti di stacco assolutamente necessari.

lunedì, novembre 06, 2006

un'altra Lucca

Un’altra Lucca
Vivere Lucca comics in centro città è molto meglio, a tratti defaticante rispetto ala bolgia tra gli stand. E soprattutto non ti sporchi le scarpe con la ghiaia e la polvere che flagellavano il piazzale che conteneva le tensostrutture. Ieri ho letto sulle prime pagine dei giornali che si era superata la quota 63.000 utenze. Con la giornata di ieri saremo arrivati a 70.000 almeno. Lo stande della Black Velvet dotato di un comodo e pratico appendiabiti ha fatto un salto di qualità. Non solo estetico ma di concezione. C’era un buon numero di autori che a turno o in batteria dialogava con i lettori, faceva le dediche. Semerano, Corona, Bacilieri, Baronciani, Francesco Mattioli, Genovese, Catacchio, Bernardi, più graditi ospiti di passaggio.Vendita e contatto con i lettori è forse l’aspetto principale di Lucca. Certo in mezzo ci sono riunioni incontri pubblici e segreti, ma alla fine quello che conta è stare in mezzo.
Il momento in cui mi sono più sentito in mezzo è stato lo show case del pomeriggio. Non sapevo quanto doveva durare e ho finito che c’era buio da un pezzo. Disegnavo e parlavo davanti al pubblico. Ho raccontato un po’ del Viaggiatore, dei suoi personaggi, di com’è nata l’idea e poi imbeccato da moderatore (anche se non c’era niente da moderare) ho svelato anche gli attrezzi del mestiere. Il tutto in un clima davvero molto piacevole e rilassante. Prima di me c’era lo show del cast fumetto di XL. Più che un incontro sul fumetto sembrava autentico cabaret. Un’ulteriore conferma a quanto vado dicendo da qualche tempo, ossia che nelle apparizioni pubbliche, si deve andare oltre alla semplice presentazione del libro, con domande del moderatore e domande (quasi sempre poche) del pubblico.
Come sempre c’erano molte novità spesso libri belli, certi molto belli. Il mio contributo l’ho dato con la partecipazione all’antologia di Fantomas di Alta fedeltà e al ventottesimo numero di Mondo Naif, che poi è anche l’ultimo, almeno di questa sua incarnazione. Mi sembra forse il numero più bello, quello di sicuro più naif e spontaneo. Con il dietro le quinte degli autori, le loro confessioni, gli schizzi, i nuovi progetti, tavole inedite e poi scritti di altri su Mondo Naif, ricordi, pareri, accenni critici. Su tutti i pezzi di Giovanni Mattioli (ma perché diamine non ti rimetti a scrivere?) e di Luigi Bernardi. Parole davvero toccanti. Io ho contribuito con qualche pagina realizzata per l’occasione. Sembrano punti, sembrano pagine di diario (che non c’è). Sono un po’ con lo stesso stile usato per Fantomas. Ditemi voi cosa ne pensate. Per me è un atteggiamento, un approccio liberatorio.
Quando finisce qualcosa ti rimane un po’ di tristezza. Con un film riavvolgi il nastro o fai il rewind con la vita ti metti a lavorare con i ricordi. Ti costruisci il tuo tempietto museale da frequentare nei momenti di ubbia e di sconforto.
Poi di notte dopo avere sbaraccato tutti all’autogrill di Santerno. Mentre si adddentava un panino Fattoria, Camogli o Rustichella c’era ancora la forze soprattuto la curiosità di dare un’occhiata all’edicola. Io ho comprato addirittura un libro scovato nella cesta delle offerte. Forse è in questo finale di partita in questo riflesso condizionato che è racchiusa parte dell’essenza di essere autore.

martedì, ottobre 10, 2006

Erosione quotidiana

Notizie come quella della morte di Anna Politkovskaya finiscono subito in secondo piano sovrastate e travolte da latre più glamour e più comode. di questi tempi è abbastanza delicato dare addosso all dittatura di Putin, si sa poi che se chiude i rubinetti del gas d'inverno fa molto freddo. e allora zitti. si sta zitti anche di fronte alle migliaia di condanne a morte che vengono eseguite con scrupoloso puntiglio dalle autorità cinesi. Si sa che la cina ormai è un colosso, il mostro perfetto che unisce obbrobri del comunismo alla grettezza del capitalismo sfrenato, un immenso mercato con cui fare i conti e in cui esportare lusso e benessere. Anzi visto che ci siamo perché non togliere embarghi sulle armi, tanto piazza tienamen è lontana e non se la ricorda più nessuno. si va avanti così in allegria e spensieratezza verso un'era smidollata di assoluta decadenza. C'è chi trova nella decadenza aspetti esteticamente belli e affascinanti, quella sorta di languore malato che crea paesaggi umidi e brillantissimi anche se solo per un attimo.
Giorno dopo giorno qualcosa conquistato negli anni viene eroso e concesso.
Non è una cosa molto bella.
Mi piacerebbe scrivere e disegnare qualcosa su questa erosione quotidiana. mi piacerebbe non farlo da solo. C'è qualcuno che avrebbe voglia di dire qualcosa?

domenica, ottobre 08, 2006

buchmesse low cost

I piccoli aeroporti di provincia che accolgono i voli low cost mi ricordano nella filosofia i discount alimentari. Dimessi, spartani e funzionali, senza fronzoli e paillettes. Volare low cost è come prendere la corriera. L’avvento di questa rivoluzione irruente ha abbattuto non solo i costi ma quel residuo di sacralità aristocratica che permeava il viaggio in aereo. Viaggiare a basso costo su una corriera volante porta democrazia e diffonde i contatti interculturali. È con la mobilità tenace che si combatte l’oscurantismo. Da qualche parte ho sentito (mi piacciono le voci che diventano storie) di futuri voli scontati che si fanno ancora più arditi e coraggiosi, dove i passeggeri prenderebbero posto in aerei concepiti come veri e propri autobus urbani. I passeggeri sarebbero assicurati a delle imbracature che li sorreggerebbero in piedi durante il tragitto del volo. Più o meno come tenersi agli appositi sostegni all’ora di punta. Tutto ciò mi piace e mi affascina. È d’importanza vitale accelerare il processo di democratizzazione aerea. Viaggiare con poco e molto spesso contribuirebbe a ridefinire i rapporti con il mondo. In meglio, ne sono sono sicuro.
Ho viaggiato low cost per andare a Francoforte, alla Buchmesse o Fiera del libro come dichiara la sua traduzione. Non c’ero mai stato e ritengo che sia stata un’esperienza importante, se non necessaria. Più o meno come la prima volta che sono stato al festival di Angouleme. Devi sapere cosa succede nel tuo settore. Devi capire. Non so se ho capito, ma ho di sicuro riflettuto e imparato. Lo scenario era l’altro mondo. Il mondo di chi corre, di chi ha gli appuntamenti in agenda. Lo spazio enorme della fiera era un microcosmo che si muoveva velocissimo. Mi tornava in mente Autobahn, uno dei primi dischi dei Kraftwerk, forse addirittura il primo, con il suo reiterare mobile di note inarrestabili. Lo spazio che viene percorso incessantemente. Le persone come atomi che rimbalzano stoici e frenetici tutti con una missione editoriale/commerciale da compiere.
È stato importante esserci sia come singolo autore che come parte di un gruppo estemporaneo di editori italiani tutti sono uno stesso stand coordinato dai ragazzi del Comicon di Napoli. Io ero con Omar Martini della Black Velvet. Qualcosa si sta muovendo e vorrei tanto che questo fosse il primo passo verso una nuova fase di politiche editoriali che prevedono anche l’esportazione e non solo il contrario. L’esserci deve avere un suo peso.
Sono stati di giorni intensi dove purtroppo la città è rimasta solo un punto di riferimento, uno scenario suggestivo ma mai avvicinato. Resta quella sensazione di estraneità obbligata che mi sembra quasi una mancanza di rispetto per il luogo che ti ospita. È il modo di viaggiare che non mi rappresenta dove il luogo non ha alcuna funzione se non quello dell’incontro. Di Francoforte mi è rimasto il ricordo di una kneipe a sera tarda. Una kneipe (che in Germani suona meglio di osteria) di quelle dove il tempo si è fermato parecchi anni indietro dove la donna al bar ci sorrideva e, in un italiano imparato a servire birre, ci dedicava una bella versione swing di Volare cantata da non so chi.
Per un attimo tra le mie sinapsi si è interrotto il loop di Autobahn. La birra mi è sembrata più buona.

venerdì, settembre 29, 2006

Settembre

Settembre.
Uno dei miei mesi preferite. Tante canzoni, quasi sempre malinconiche, come quella omonima di David Sylvian.
Ogni tanto ritorno.
In realtà ci sono sempre stato ma non riuscivo a trovare la costanza e la sintonia giusta per mettermi a scrivere. Eppure in quest’estate intermittente sono successe diverse cose. Una delle più belle è stata la messa in scena per le stradine del quartiere Marina a Cagliari di una parte di Sotto le bombe di maggio. Al momento il mio unico romanzo scritto. Io ho introdotto e poi mi sono messo in un angolo in mezzo al pubblico ad ascoltare Tiziana Dessì, Paolo Pinna, Riccardo Dessì e Ramon. Sembrava di scoprire il testo per la prima volta. Una sensazione inedita e davvero piacevole. Un distacco maggiore rispetto alla pubblicazione. Un passaggio benefico che mi ha aiutato a capire una parte di me, mai completamente scissa. Non posso che ringraziare di cuore Carlo Birocchi, mio amico dandy, che è stato il vero motore di tutta la rassegna. A Cagliari che è la mia città mi sono anche cimentato in una presentazione inedita del Viaggiatore. Ho deciso di raccontarlo da solo con l’aiuto di qualche immagine. Voglio andare oltre la classica presentazione da libreria. Voglio cercare di comunicare la passione che ho messo nelle tavole anche attraverso al contatto diretto con i lettori, in questo caso pubblico attento e partecipe. Voglio offrire qualcosa di più, pur non rinunciando alle dedicasse che rimangono uno degli aspetti più divertenti dell’andare in giro a promuovere i propri libri. Incontri sempre persone diverse con cui scambiare 4 chiacchiere. E poi vedi in faccia chi ti legge. Mica poco. Anzi molto.
Nel frattempo si concludeva a Bologna il nostro festival Arena! con una kermesse di autori che disegnavano in diretta un fumetto ispirato al Corsaro Nero sceneggiato dal sottoscritto. In pratica ho aggiunto un capitolo finale al primo romanzo del ciclo. Io non ero lì ad assistere alla diretta, ma mi hanno detto che è stato gratificante, fatica a parte.
Sono stato anche Bisceglie, meno di una settimana fa, con Enrico Fornaroli per presenziare alla mostra fatta alla libreria Tamatete di Bologna a fine primavera. La città sul margine diventa itinerante, gira, incontra altre città. Ed è proprio questo che rende completa una mostra come questa.
Mi piace andare dove c’è il mare e a Bisceglie c’è il mare e un bel centro storico. Bianca Consiglio che ha organizzato l’evento all’interno del Festival Intra Moenia, ci ha fatto viaggiare attraverso gli angoli stretti della città quelli che raccontano la storia. Seduta a riparare una rete da pesca c’era una signora secca secca di oltre 80 anni. abbiamo parlato con lei ed è affiorato un ritratto semplice che nasce in un’altra epoca e che continua adesso. Cambia il materiale delle reti, cambiano le barche, a volte anche i pesci, ma lei ha sempre vissuto lì nella stessa casa. A volte le radici della cultura trascendono il senso metaforico per tornare a un significato letterale. Il non spostamento, l’essere assolutamente stanziale della signora Giulia davano un senso alla parola radici. Una persona che vive come una pianta, per cui il tempo diventa l’unica unità di misura.

Nel frattempo ho finito l’omaggio a Fantomas che uscirà se tutto va bene in volume a Lucca per Alta fedeltà. Nel frattempo sto facendo la copertina per il libro CD sulla vita di Irving Berlin che uscirà a breve per la Nocturne in Francia.

Domani, ossia sabato 30 settembre, sono di nuovo in movimento. Mi troverete a Treviso dove alle 16 incontrerò lettori e appassionati all’interno della convention Fumetti TV.

lunedì, luglio 31, 2006

Ogniqualvolta

"Ogniqualvolta mi accorgo che la ruga attorno alla mia bocca si fa più profonda; ogniqualvolta c'è un umido tedioso novembre nella mia anima; ogniqualvolta mi sorprendo fermo, senza volerlo, davanti alle agenzie di pompe funebri o dietro a tutti i funerali che incontro; e, specialmente, ogniqualvolta l'insofferenza mi possiede a tal punto che io devo fare appello ad un saldo principio morale per trattenermi dal discendere in strada e buttare giù metodicamente il cappello di testa ai passanti, giudico allora sia venuto il momento di prendere il mare il più presto possibile. Questo è il mio modo di sostituire la pistola e le pallottole."

Siamo alla prima pagina di Moby Dick. Strepitosa. c'è tutto quello che serve. un consiglio per combattere quest'afa inesauribile, un augurio per trascorrere vacanze emozionanti, un antidoto alla follia quaotidiana, una soluzione politica per chi si ammazza senza ritegno.

"Quasi tutti gli uomini, se appena ci pensassero, una volta o l'altra, ciascuno secondo la propria natura, proverebbero sentimenti pressoché simili ai mie nei confronti dell'oceano."

E allora pensiamoci. l'oceano è grande e c'è posto per tutti.

lunedì, luglio 17, 2006

Walkabout. Estate di storyboard

ho finito di disegnare fantomas. di sera ascoltando un film mi dedico con calma alla stesura dei grigi. da oggi storyboard. sarà una lunga sessione di storyboard. lavorerò in parallelo a due storie. una già varata che è Esilio Interiore, ovvero il secondo capitolo de Il Viaggiatore Distante, l'altra invece sta prendendo forma come sceneggiatura da qualche tempo ma desso entro nel vivo del racconto.
userò molta carta e molta grafite, spero poca gomma anche se ne dubito.
stavo pensando di raccontare qui sul blog le varie fasi di questo secondo volume del Viaggiatore. Finito quel necessario momento di solitudine creativa che serve a mettere in moto la storia nella fase di realizzazione mi piacerebbe avere un contatto diretto con il pubblico, con gli amici di penna e non.
in questi gironi afosi rimango alzato fino a tardi. mi piace vedere i film iniziati sui Rai 3. film che non riesci a capire di chi siano. L'altra notte ho visto, a partire da scene ambientate nel deserto Victoria in Australia che descrivevano il caldo e la morte di alcuni dromedari, Walkabout di Nicholas Roeg. Autore dello straordinario L'Uomo che cadde sulla Terra con David Bowie. Il film in questione è del 1970/71 (sottotitolato ma intitolato in italiano L'inizio del Cammino) ci mostra un'odissea attraverso deserto e bush australiano. Poche parole e spazi dilatati con una fotografia abbacinante dove il disco solare è il protagonista assoluto. Virtuosismi mai fini a se stessi, crudezze, morte animale, morte tribale e vitale raccontate prima della grande era del atinato che stiamo vivendo. Tccante, lirico e tragico. Chissà se Chatwin l'ha mai visto.

sabato, luglio 15, 2006

Sondaggio di mezz'estate

spesso nelle giornate di ozio estivo furoreggiano i quiz, sondaggi, i test. nel mio piccolo propongo anch'io un test, o meglio un questionario. riprendo un giochino che faccio da qualche tempo ad amici e conoscenti. riguarda i desideri di lettura. non ci sono doppi fini solo curiosità e qualche riflessione.
ecco il quiz:
dovendo scegliere sareste più interessati a leggere fumetti (romanzi, racconti, riviste ecc.) che trattano di:
1) ricerca interiore (diario, autobiografia, poesia, epistolario, autonalisi)

2) reportage dal mondo

3) biografie di persone illustri (sarebbe bello anche specificare magari qualche nome o qualche area di appartenenza culturale. muscia, cinema, politici, scienziati, banditi).

4) rilettura d'autore di un classico della letteratura o di qualche altro fumetto.

tutto qui.

martedì, luglio 11, 2006

Il piacere di annullarsi


uno passa la vita cercando di differenziarsi dalla massa, cercando di avere un'identità attraverso un ruolo sociale unico, eccentrico e poi gioisce nell'annullarsi nella moltitudine dell'oceano catodico. ieri ero felice. dopo il rigore di grosso ho addirittura pianto. Ero uno dei 25 milioni di tifosi che provavo nello stesso identico momento sentimenti analoghi se non identici eppure mi sentivo assolutamente unico. è stato uno di quei pochi momenti in cui non te ne frega niente di essere assolutamente retorico.
poi in mezzo ai festeggiamenti ai caroselli di rito spiccava uno striscione di sfottò ai francesi sconfitti davvero divertente:
e ora ridateci la Gioconda!

lunedì, luglio 10, 2006

Guest Star: Onofrio Catacchio


vi volevo segnalare l'uscita del nuovo libro di Onofrio Catacchio. Una bella rilettura della fattoria degli animali di Orwell dove animali diventa anormali. Una cosa che colpisce è l'uso incredibile della bicromia. Oltre al bianco e nero c'è solo u altro colore: il rosso. eppure a vedere le tavole queste sembrano coloratissime. Una resa ricchissima con mezzi operai a sostegno della tesi che non sono gli effetti aspeciali a fare la differenza ma l'intelligenza dell'autore.
A seguire ecco una breve traccia del libro.
buona lettura!
Un teleinbonitore semiequino televende animali transgenici per conto della Genetic Animal Farm, multinazionale specializzata nella manipolazione del dna, ma nel cuore umano del maiale Orwell cova la rivolta che porterà alla sollevazione delle bizzarre specie che popolano la fattoria transgenica...Da qualche tempo pensavo di realizzare a fumetti una versione mutante della Fattoria degli Animali. Andrea Balzola ha fatto la medesima operazione per il teatro. Coincidenze. La fattoria degli Anormali, è una riscrittura del classico Orwelliano, che incrocia, in un ambizioso progetto crossmediale, oltre al fumetto e al teatro, anche video, animazione 3D e internet. I ragazzi di X Lab si sono occupati degli aspetti multimediali e tecnologici. Il volume della Fattoria degli Anormali (48 pagg. in bicromia), affidato alle amorevoli cure di Anna Maria Monteverdi è pubblicato da Cut Up. Legambiente e la LAV hanno convintamente sostenuto il progetto. Il tutto rigorosamente stampato su carta ecosostenibile sponsorizzata da Greenpeace nella campagna "Carta amica delle foreste".

sabato, luglio 08, 2006

Gli anni di Urania


compro da circa 4 anni i volumi di urania collezione. sono ristampe con carta molto pulp di classici della fantascienza. molti dei volumi li avevo già letti da ragazzo, gli altri invece sono rimasti ben in ordine sullo scaffale. qualche settimana fa mi è venuto un attacco di febbre da fantascienza. una di quelle febbri inspiegabili che ti acchiappano ciclicamente e così ho iniziato a leggere i romanzi della collezione che non avevo mai letto. "Ed egli maledisse lo scandalo" di Mack Reynolds è stato scritto nel 1965 ha un ritmo e una serie di battute in stile commedia old fashioned e tratta argomenti quali la globalizzazione, l'omologazione culturale, la decadenza dei costumi con un tono corrosivo e soprendentemente attuale. e poi è anche divertente. immaginatevi un episodio lungo di Twilight Zone scritto da Beppe Grillo. Rimettendomi a leggere fantascienza classica mi sono ricordato di quanto abbia amato gli umanisti. Non mi piacevano tanto le storie con le astronavi e i viaggi troppo siderali e preferivo storie bizzarre ambientate nelle solite cittadine americane."Anni senza fine" di Simak è stato uno dei miei romanzi preferiti una volta smesso con Salgari (da poco ho riletto Jolanda la figlia del Corsaro Nero in una splendida versione filologica della Corraini edizioni), forse sullo stesso piano de "Il figlio della notte" di Jack Williamson. Poi come quasi tutti gli appassionati a un certo punto sono rimasto stregato da Dick e Ballard. A distanza di tanti anni però credo che l'autore che mi ha più colpito e influenzato sia Theodore Sturgeon. Se Cristalli sognanti è stato toccante e affascinante, la scrittura complessa di Nascita del superuomo mi ha riflettere non poco sulla diversità e sulla comunicazione interpersonale.
vi lascio a un altroe estratto di Fantomas. C'è fandor che fa il bellimbusto con la bellona di turno.

venerdì, giugno 30, 2006

Piccola Anteprima


una piccola anteprima di quello che sarà Finale di sangue scritto con Emidio Clementi. sto disegnando molto in piccolo direttamente su A4. un procedimento opposto al Viaggiatore per cui avevo usato tavole di grande formato.

martedì, giugno 27, 2006

Migrazioni segrete

Seduto con la finestra spalancata ad ascoltare i Mercury Rev. Lo sguardo supera i tetti verso il cielo azzurro canicola. Ho bisogno di sensazioni di freschezza e I Mercury Rev mi danno questa sensazione. Hanno un tappeto sonoro ampio e articolato, disseminato di invenzioni armoniche audaci. Se fossero esistiti come gruppo negli anni Settanta forse avrebbero fatto progressive, magari diventando i cugini più coraggiosi dei Genesis. Invece sono qui e ora e vanno avanti da una quindicina d’anni. Ultimamente mi capita di rado di mettermi ad ascoltare un disco, dedicando tutta la mia attenzione solo ed esclusivamente al disco. Mi capita molto più spesso che la musica diventi la colonna sonora del mio lavoro. Scelgo la musica a seconda dello stato d’animo o della scena che devo disegnare o scrivere e poi inizio con la stesura. Penso che sia un po’ offensivo per la musica, ma sotto scadenza non posso fare altrimenti. Invece domenica mattina ho ascoltato “The secret Migration” e basta. Un disco con un titolo così bello non che intrigare all’istante. Do molta importanza ai titoli. Ripeto frasi, nomi, sequenze a voce alta, alternando questa pratica con la reiterazione di scrittura su carta e “Migrazioni segrete” suona proprio bene, rivela un mondo e invita a entrarci. E così ho fatto. L’ho ascoltato con attenzione anche ieri e oggi l’ho usato mentre inchiostravo la quinta pagina della storia su Fantomas. È un periodo questo che mi fa trovare perfettamente a mio agio con i Mercury Rev, con i loro cugini Flaming Lips, e ovviamente i dEUS. Ci sono molte analogie tra queste tre formazioni. Le invenzioni sonore, come dicevo, l’approccio trasversale al genere, i suoni difficili da etichettare e accomunare a una precisa direzione. C’è molto sogno, niente retorica e un tessuto sonoro da sfogliare. Mi stanno dando un grande aiuto mentre sono al lavoro progettando una storia scritta. Trasferisco le sensazioni della musica nelle parole che scrivo. I libri in una fase come questa devono stare chiusi. Mentre scrivo faccio letture molto leggere. A parte Pasolini che mi accompagna con i suoi scritti corsari durante l’andarivieni in autobus, mi rilasso con i supereroi. I soliti Marvel che leggo da sempre. Devil per esempio. Leggo per un piacere infantile di leggere. Quando mi sento pronto faccio piazza pulita dei segnali e inizio le operazioni di scavo. Ieri sono sceso per tutta la mattina nel luglio del 1980. Una scrittura con ritornelli spezzettati forse un po’ influenzata dall’ascolto dei Mercury Rev.

sabato, giugno 24, 2006

Aggiornamenti Apartments


vi ricordo che la mostra al Ta Matete di Bologna continua fino al 1 luglio.
nel frattempo sto iniziando i lavori per il prossimo Apartments. Anche in questo caso con Omar Martini stiamo studiando una formula narrativa diversa dai due volumi precedenti.
nei prossimi post continuerò con gli aggiornamenti. nel frattempo sto pensando allo storyboard del secondo volume del Viaggiatore.

disegnare all'idroscalo


eccomi qualche settimana fa al MI AMI di Milano ritratto da Sergio Ponchione. Molte zanzare in giro

giovedì, giugno 15, 2006

non so stare seduto

In questo periodo mi vedo con una certa regolarità con Emidio Clementi. Stiamo facendo una storia insieme e dopo un inizio via mail stiamo virando verso incontri dal vivo. Penso a tutte le volte che ho lavorato in coppia con un altro autore. Oltre alla differenza di approccio e di stile ci sono anche le differenze di atteggiamento fisico durante gli incontri. Emidio non si muove dalla scrivania, se ne sta in postazione, piazzato davanti allo schermo del mac. Io parto seduto a fianco ma resisto poco. Mi alzo, cammino, mi sposto, guardo fuori dalla finestra, sfoglio i libri. Devo apparire se non altro distratto, forse molesto. Nelle prime riunioni Emidio mi invitava a prendere posto. Ora ha smesso. Forse ha accettato il mio modo di fare o si è abituato per sfinimento. Nelle mie storie la necessità di spostarsi per pensare è apparsa più volte e in questo nuovo libro (Il Viaggiatore, ormai lo sapete) lo dichiaro pubblicamente.
Qualche mese fa ero con Menotti. Stavamo pensando a qualcosa da scrivere a 4 mani. È stato spontaneo uscire di casa e camminare per ore. Era marzo e non faceva nemmeno tanto freddo. Con le parole siamo scesi fino all’Adriatico, con le gambe ci siamo inoltrati lungo la salita di San Mamolo (parlo di Bologna) finendo in un santuario e poi proseguendo quasi fino all’ospedale Rizzoli. Una buona parte dei dialoghi che fanno parte della nostra amicizia si è svolta per strada camminando. Molto spesso senza una meta, altre volte per raggiungerne una. Abbiamo attraversato Roma e Berlino di notte, Bologna a qualsiasi ora. Anche le autostrade. Invece con Massimo Semerano ci siamo trovati a camminare entrambi in una stanza, a sederci e alzarci ripetutamente cambiando posto, quasi in un balletto. È chiaro che ogni autore fa muovere la mente a modo suo. Ci saranno infiniti rituali intimi e privati che ripete e porta avanti come incentivo liturgico. Di sicuro la fase del disegno, che di norma ti costringe a stare quasi sempre seduto, per quanto mi riguarda è la più gestibile. Serve la continuità, la routine. Disegnare un libro quando hai già scritto la storia è un lavoro da fondista, non credo molto agli exploit. La rimonta eroica avviene solo sotto scadenza e quindi non è certo la regola. L’invenzione si materializza attraverso la pratica del disegno, compare sulla carta come un’epifania. Si svela. Quando la mente ordina alla mano di fare un segno, finché non lo vedi su carta non sai cosa è successo nel frattempo. È una sorpresa continua e a volte mi sento spettatore di me stesso. Quando si apre il varco giusto la storia nasce con impeto e prende e forma quando cammino. Giro film che mi appaiono bellissimi che poi cerco di tradurre in disegni come in una pratica divinatoria. Il problema sta nella sintonia. Trovare la giusta sintonia e proteggerla dalle interferenze.
Negli anni tutte queste esperienze di scrittura a due mi hanno insegnato, che lavorare con il confronto diretto scatena l’esplosione del dubbio. Il dubbio è ostinato e difficile da scrollarsi. Quando scrivi da solo ci si convive, quando si è in due si è costretti ad affrontarlo e a risolverlo. La componente (iper)analitica si fa più serrata. Spesso ci si trova spalle al muro in una fase di stallo molto preoccupante. È in questi momenti che si avverte lo scarto, il balzo in avanti. Ti accorgi di crescere.

martedì, giugno 13, 2006

le strategie oblique

L’Obliquomo di Sergio Ponchione è senza dubbio un’opera che mette in pratica quell’osmosi tra muscia e fumetto di cui accennavo nel post precedente. Il segno di Sergio è la sintesi elaborata da anni di assimilazione diretta da sorgenti diverse. E se risulta evidente un richiamo a Segar a Chris Ware diventa un po’ più sottile scorgere tra le pieghe una profonda ammirazione che sfocia nell’ispirazione nella complessa e spiazzante struttura sonora di Frank Zappa. Non si tratta solo del gioco intellettuale che semina e nasconde citazioni tra una vignetta e l’altra, gioco tra l’altro divertente, ma soprattutto di una acuta capacità d assimilazione, presa di coscienza e riassemblamento seconda una personalissima visione dell’autore. L’Obliquomo è un bel libro anche per questo. Forse nei giorni scorsi a Milano non gliel’ho detto a Sergio. Abbiamo parlato come sempre molto di musica e magari un po’ meno di fumetti. Del resto la condivisione parte da presupposti molto lontani. Sono le cose apparentemente più lontane che ti avvicinano a una persona. Non mi stupirei che ci mettessimo a progettare qualcosa insieme. Anzi forse senza averlo dichiarato lo stiamo già facendo.

linguaggi paralleli

Ho partecipato con piacere a questa edizione del MI AMI festival di Milano. La scommessa di Davide Toffolo (questa volta in veste di direttore artistico) era difficile. É da parecchio tempo che si cerca di mettere in contatto il mondo della musica con il mondo del fumetto. Due linguaggi diversi, è chiaro, ma che in questo caso avevano diverse possibilità di contatto. Il festival si occupa di etichette indipendenti (e qua si può aprire il dibattito sul significato di “indipendenti”), comunque lontane dalle politiche aziendali delle major. La libertà espressiva è più tutelata e diventa il punto di forza degli artisti. Atteggiamenti simili possono manifestare una certa sintonia istintiva o perlomeno di vedere le cose. MI AMI è diventato così un momento di studio, in cui realtà parallele si sono annusate in attesa di un passo in avanti. Io che ho sempre sostenuto questo gemellaggio, questa comunicazione e influenza reciproca sono stato ben lieto di parlare durante gli incontri a un pubblico misto. Siamo stati semplici e diretti nell’esposizione, un po’ come la musica che entrava nella saletta adibita a foyer per gli incontri. Rapporto musica e fumetto. Penso che sia più facile per un autore di fumetti trovare punti di contatto con la music che non viceversa. Se non altro per la diffusione della musica, universale, capillare. Non sempre lo scambio funziona e mi è capitato spesso di rimanere deluso quando faccio la fatidica domanda sul cosa ascolti a un fumettista o sul cosa leggi a un musicista. Eppure continuo a essere convinto che un maggior dialogo interdisciplinare fa solo bene all’evoluzione dei linguaggi reciproci.
È stato bello incontrare autori di area bolognesi che incontro più spesso in campo neutro (continuo a seguire e sponsorizzare Francesco Cattani che ha carattere e cosa dire) e altri autori che vedo meno come Gabriella Giandelli. In un clima rilassato e quasi di festa si fanno discorsi interessanti, nascono le idee, ci si confronta. Con Davide (Toffolo) e poi impossibile non mettersi in discussione, non affrontare in maniera intima e vigorosa il mestiere e l’essere autore. Di sicuro al termine di questa due giorni mi sono sentito arricchito e durante il viaggio di Ritorno con Omar “Black Velvet” Martini abbiamo un po’ fatto il punto e buttato giù qualche idea che si potrà sviluppare in un prossimo futuro. Una cosa che ci è sembrata evidente è l’assoluta necessità di un’intensificazione di riunioni, meeting, momenti di dibattito e riflessione, non solo in luoghi deputati e istituzionali, ma soprattutto in momenti informali.
C’era della buona musica. Ho sentito, dato che passavo la maggior parte del tempo al banchetto a disegnare, i concerti di Bugo, Moltheni e dei Giardini di Mirò che apprezzo già da qualche anno, ma mi spendo per i Diaframma, gruppo nato con new wave. In pratica siamo cresciuti insieme. Ho scambiato qualche battuta con Federico Fiumani che dei Diaframma è l’anima, il cuore e i muscoli. C’è anche lui tra i ringraziamenti in Gente Comune. Le sue canzoni mi hanno accompagnato durante le sessioni di scrittura. Ha suonato in un palco piccolo ad altezza del suolo, eppure non si è risparmiato, ci ha dato dentro con la chitarra e le parole sempre con quella voce strozzata, quasi stonata eppure appassionata. Fiumani ci crede davvero e va avanti. La musica è la sua vita e la sua forza mi ha dato forza.
Abbiamo portato in anteprima alcune copie del Viaggiatore. Ceri sono rimasti stupiti da un inatteso mutamento di stile. Io non so se ho cambiato stile, di sicuro ho lottato non poco per seguire questa direzione. Per quelli che mi chiedono quando uscirà in libreria rispondo che sarà reperibile all’incirca tra una settimana.
Mentre penso alla sceneggiatura del secondo capitolo disegno un omaggio a un mito dell’infanzia: Fantomas. La storia la sta scrivendo Emidio Clementi, ex Massimo Volume. Ancora una volta mi trovo a lavorare in parallelo con chi la musica la fa sul serio.

venerdì, giugno 09, 2006

Il Viaggiatore c'è!

ieri ho avuto le prime copie dl Viaggiatore. fra un'ora parto per Milano per presentarlo domani al MI AMI festival. è bello vedere il frutto del lavoro che si concretizza in un oggetto fisico.
Mi metto già al alvoro per il secondo volume.

lunedì, giugno 05, 2006

the realms of the unreal


In the Realms of the Unreal

La stanza diventa il mondo. L’altro mondo o il vero mondo. La porta che si chiude e lascia fuori ciò che non è gradito. Gratta con le unghie sul legno decrepito. La stanza ha una finestra che dà da qualche parte, i vetri sporchi offuscano la strada. La luce penetra sfocata e pallida, ma poi tanto di notte quando si apre l’altro mondo la luce è solo quella artificiale di una lampada piazzata sulla scrivania. Fogli dappertutto, impilati in mucchi alti e ingialliti. Anni di fogli, scritti a mano, scritti a macchina. Alla fine quando tutto sarà concluso, quando il corpo ottuagenario sarà morto, i signori Lerner, i padroni di casa troveranno quindicimila pagine scritte. È un unico romanzo di una guerra infinita tra due regni. The Story of the Vivian Girls, in What is Known as the Realms of the Unreal, of the Glandeco-Angelinnian War Storm, as caused by the Child Slave Rebellion È l’anche l’unico romanzo di Henry Darger. Ma in quella stanza di Chicago non c’erano solo fogli scritti. Quasi nascosti, ma comunque sempre ammucchiati c’erano gli acquerelli. Dipinti su fogli di cartone, spesso su entrambe le facciate. Raccontano ciò che le parole non erano sufficienti a raccontare. Battaglia campali, giardini bucoliche, bambini che corrono e che ridono, bambine che vengono suppliziate da adulti crudeli e senza dio. I terribili Glandaliniani rapivano i bambini e li rendevano schiavi, una società basata sul sopruso e il supplizio. Henry divenne orfano che era ancora piccolo. Aveva imparato a leggere da solo ma veniva considerato disturbato, destinato a un futuro di pazzia. Non aveva mai frequentato una scuola d’arte, forse nemmeno un corso per corrispondenza, quello seguito con furore e abnegazione da Elsie Chrisler Segar. Entrambi avevano la volontà dell’urgenza. Il disegno era una scelta obbligata. Quando entrava nell’altro mondo, il suo mondo, Darger portava con sé gli strumenti. Era la volontà guidata con l’ingegno che gli diceva come fare. Ricalcare, incollare, ritagliare, copiare, mischiare, fondere, replicare e poi colorare, colorare di tinte pastello, toni accesi, infiammati. Era una pratica magica. Questa è la magia alchemica. Henry Darger ha iniziato a frequentare l’altro mondo nel 1909 e l’ha fatto ininterrottamente per 65 anni. Di giorno lavorava, sempre occupazioni umili, quasi ai margini. Faceva pulizie, guardiano in istituti, ospedali, poi a messa sempre perché era molto cattolico e al ritorno indossava i paramenti e s’immergeva in quei regni dell’irreale che invece si appaiono così straordinariamente reale. Altre stanze, altri universi ma stessi mondi, quelli di dentro, verticali fino al limite estremo e magari oltre. È la pratica quotidiana e necessaria.
Henry Darger è entrato definitivamente nel suo regno nel 1973. qualche anno fa Jessica Yu ha realizzato un film documentario che monta, riassembla, anima i suoi scritti, i suoi acquerelli, aprendo un’altra porta di questo reame dell’irreale. Tra gli altri c’è anche la collaborazione di Chris Ware nei titoli di testa. Henry Darger si può trovare sparso in questo mondo. C’è anche a Bergamo in una mostra con altri artisti in qualche modo vicini. Oltre la ragione presso il Palazzo della ragione in una mostra a cura di Bianca Tosatti aperta fino al 2 luglio.

giovedì, giugno 01, 2006

otto gabos in mostra

comunicazione di servizio.
due appuntamenti in cui ci sarà anche otto gabos.
martedì 6 giungo a bologna sarò in mostra con apartments.
mentre il 9 e il 10 giugno sarò a milano per la rassegna MI AMI. in cui ci sarà molta musica e molti fumetti e autori. tra questi alessandro baronciani, marco corona, gabriella giandelli, francesco cattani, amanda vahamaki. sergio ponchione, ratigher e il sottoscritto. davide toffolo direttore artistico. ecco il link per i curiosi:
www.rockit.it/splash.php

ecco il comunicato stampa a cura di hamelin per la mostra la tamatete


CITTA’ NEL MARGINE

Spazio urbano e fumetto

dal 6 giugno al 1 luglio



a cura di

Hamelin Associazione Culturale





Inaugurazione Martedì 6 giugno ore 18:00

presso il TA MATETE di Bologna

Piazza Santo Stefano, 17/a





C O M U N I C A T O S T A M P A



Il TA MATETE (libreria FMR e Living Gallery Art’è) dopo la mostra “FS says: Filippo Scòzzari al TA MATETE” presenta nell’ambito di “Viva il pop: arte e mass media” un’altra mostra dedicata al fumetto d’autore, si tratta di una collettiva intitolata Città nel margine. Spazio urbano e fumetto, che sarà inaugurata martedì 6 giugno alle ore 18:00, con la cura di Hamelin Associazione Culturale.

“Città nel margine. Spazio urbano e fumetto” vuole indagare il legame tra città e fumetto in una doppia direzione. Innanzitutto è un omaggio a Bologna, e per questo gli artisti esposti sono tutti legati per adozione al nostro territorio, a testimonianza di una tradizione che dura ormai da trent’anni e che fa del capoluogo emiliano la capitale culturale del fumetto, il centro in cui più frequentemente hanno avuto origine le più interessanti innovazioni e sperimentazioni. Ma non si tratta di celebrare un grande passato: ancora oggi Bologna è attiva e ricca di fermento, conta la presenza di autori, editori, riviste, mostre, con una concentrazione unica in Italia e spesso riconosciuta anche all’estero. A dimostrare la continuità tra passato e presente abbiamo voluto esporre artisti di generazioni diverse, da una parte autori che a partire dagli anni Novanta sono emersi nel panorama nazionale imponendosi sempre più anche all’estero come Vanna Vinci e Otto Gabos, dall’altra parte giovani artisti come Giacomo Nanni, Amanda Vähämäki e Paolo Parisi che stanno emergendo come personalità significative del panorama nazionale.

La mostra intende poi indagare la città come luogo dell’immaginario, come spazio capace non solo di fare da sfondo al racconto ma di diventare protagonista. Il fumetto è nato in un contesto metropolitano e da sempre porta i segni di questa origine, sia nell’ambientazione delle storie, sia nelle modalità narrative del suo linguaggio. Gli artisti in mostra sono ben consapevoli di questa tradizione e la piegano alla loro sensibilità e alle esigenze del racconto. Non importa che siano città vere o fantastiche, per ognuno lo spazio urbano diventa luogo fisico e trasposizione metaforica di una emozione, di una visione del mondo, di un’atmosfera.

Ecco che allora Otto Gabos ci porta con Apartments in una metropoli da dopobomba dove emerge con prepotenza una poetica delle macerie, di rovine che sono il contraltare architettonico delle ferite interiori e delle mutazioni fisiche dei personaggi. Vanna Vinci racconta invece una Trieste che è l’essenza della malinconia: la città in Aida al confine diventa vera protagonista di un incontro tra i vivi e i morti, di una discesa in un doloroso passato, di un senso di ineluttabilità del destino. Una città fantastica, tentacolare è anche quella di Amanda Vähämäki che fa della metropoli una trappola, lo scenario per una guerra a cui partecipano i bambini. Paolo Parisi invece ci racconta di periferie pasoliniane, dove la dimensione urbana vive quasi in assenza, e si sente più nel cinismo e nel disincanto di giovanissimi adolescenti. Con Giacomo Nanni, infine, la città diventa metafisica, pura astrazione, sia nella sua rappresentazione visiva, allucinata e geometrica, sia nelle tracce che lascia nei personaggi, straniati e persi nel nulla.



La mostra rimarrà aperta da martedì 6 giugno a sabato 1 luglio, con i seguenti orari: dal lunedì al sabato dalle 16:00 alle 23:00.

Lo spazio TA MATETE propone, sempre nell’ambito di “Viva il Pop: arte e mass media”, la mostra “Immagini Pop. Da Roy Lichtenstein a Mel Ramos” (fino al 31 luglio): inoltre prosegue anche l’omaggio a Mozart con la mostra “Mozart, un mistero, 100 volti” (fino al 10 giugno).



In allegato alcune tavole in mostra.



Per informazioni:

TA MATETE – Living Gallery ART’E’ e Libreria FMR

Bologna, Piazza S.Stefano, 17/a

O51/6488920

e-mail: info.bologna@tamatete.it

sito: www.tamatete.it






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lunedì, maggio 15, 2006

Latitante

latitante è una parola che mi è sempre piaciuta. Per il suono, per il ruolo che interpreta o forse per una bella canzone di Federico Fiumani aka Diaframma che si intitola allo stesso modo. Il latitante fugge, si nasconde, si mimetizza con l'ambiente fino a diventare invisibile. Vive in un bilico perenne tra rischio, eccitazione e angoscia di essere scoperto e catturato. Il latitante fugge per vocazione mascherate da svariate ragioni che inglobano un crimine, un' ingiustizia, una caccia, una ribellione. Chi si dà alla macchia, o al bosco, vive nella paura, spesso si abbrutisce. Il tempo è uno dei peggiori nemici del latitante. Le giornate possono essere lunghissime o brevissime a seconda degli stati d'animo, delle attese. Il latitante guarda in fondo, molto in fondo, al di là dell'orizzonte. Poi continua la marcia. Ogni volta che sono sotto scadenza mi sento latitante. Abbatto abitudini e rituali per mantenere il ritmo. ciò che si vede dopo l'orizzonte è la consegna. Il resto è lavoro. ho disertato e me ne dispiace questo spazio, questo diario/dialogo che stava diventando importante ed è comunque importante. La latitanza mi tiene un po' fuori dal mondo. nel frattempo qualche amico premuroso mi ricorda che napolitano è il nuovo presidente della repubblica e che il calcio è nel caos. rassicuro tutti, dal mio covo i segnali della radio giungono chiari e forti. la radio mi sta facendo molta compagnia, e non sta a me scoprire e dire che radio due, radio tre sono molto meglio di rai uno e rai due. sono i programmi della radio che scandiscono i giorni.
Prima di questo ultimo tour de force sono stato a Cagliari per una settimana. Un ritorno emotivo in mezzo a persone e luoghi, una profonda immersione affettiva. ho ritrovato anche i miei libri. vivere dislocato in più posti, ti dà più ossigeno ma alla lunga ti lacera. A volte non sei mai dove ti servirebbe essere in quel momento. Ho lavorato sul solito tavolo di marmo graffiato da un cutter usato da vero imbecille quando avevo appena capito di volere essere un autore di fumetti. Tra i libri ritrovati c'è stato anche Le nozze di Cadmo e Armonia di Calasso. Il mito che si svela e che ri racconta dischiudendosi. Il mito, che per essere tale, dev'essere irrimediabilmente carne. è stato allora che è successo tutto. La mia storia, tutto quello di cui sono fatto, è iniziata e quindi accaduta a Cagliari ed esserci stato adesso per una ragione solo apparentemente banale come un matrimonio è stato decisivo. In una settimna ho fatto un percorso a ritroso, spesso a intermittenza e alla cieca. Era da molto che non stabilivo un contatto così intenso con la città. Mi ha fatto bene anche se mi ha scosso e frastornato. Ora dalla mia latitanza, mentre disegno, penso protetto da un osservatorio privilegiato. Il mare traccia la distanza, il profumo dei primi tigli mi ricorda che sono a Bologna e che fra qualche giorno devo aver finito e consegnato il mio libro.

lunedì, aprile 24, 2006

immaginari condivisi


Non mi aspettavo che durante la trasmissione radiofonica di Radio CittàFujiko che mi ha visto ospite sabato scorso ci fossero anche i contribuiti, sotto forma di testimonianze registrate, degli amici disegnatori coinvolti in gente Comune. È stata una bella sorpresa e quindi ringrazio Laura Pasotti e Andrea Antonazzo per come hanno orchestrato la scaletta della puntata del loro programma. Un bel programma sul fumetto con musica interessante, diversi spunti e un buon ritmo radiofonico che non è un dettaglio da poco. Le testimonianze degli autori mi hanno offerto una serie di riflessioni su cui sto rimuginando da ieri non appena sono uscito in via Paolo Fabbri, sede della radio. Riflessioni che riguardano il fare fumetto e il confronto con storie e personaggi altrui. Perché alla fine Gente Comune è stato anche questo. Autori diversi che si sono trovati a volersi confrontare con un’idea e un mondo narrativo alieno, partorito e manovrato da un altro. Niente di nuovo. Disegnare storie scritte da altri sceneggiatori per serie già esistenti è prassi editoriale comune. Quasi tutti i seriali sono realizzati in questo modo. Nel mondo è la maniera più normale per fare i fumetti. Io però non ho mai fatto un seriale né pensavo di farlo con Gente Comune. Volevo solo che altri autori interpretassero delle mie storie con personaggi che avevo già usato in precedenza. Volevo che l’interpretazione fosse libera e distante dalla mia visione autoriale, volevo che gli autori offrissero e mettessero qualcosa di loro che andasse al di là delle regole dell’ortodossia. Non è frequente progettare un libro con questo tipo di struttura e non si tratta nemmeno di un libro che vede un gruppo di autori rendere omaggio a un autore o a un personaggio famoso. Gente Comune è stato fatto da autori che vivono nei loro mondi abituali e che irrompono con un’edizione staordinaria in un altro mondo di un altro autore.
Non è stato facile per tutti. Massimo Semerano, anche lui come me è abituato a farsi le storie da solo e tutt’al più a scriverle per altri. Ha vissuto l’esperienza con qualche conflitto. Lo capisco e lo capisco anche di più perché obiettivamente la storia che ha disegnato aveva una partitura tra le più difficili. Eppure quando l’ho vista finita mi sembrava una storia assolutamente di Massimo Semerano. C’è stata un’assimilazione osmotica reciproca. Il discorso vale per tutti gli altri. C’è stato uno scambio continuo di comunicazione.
Nel suo intervento radiofonico Onofrio Catacchio ha sviluppato questo punto dell’assimilazione/interpretazione proponendo un passo ulteriore in avanti che ipotizza in un prossimo volume di Apartments una completa autogestione da parte dell’autore ospite che non si limiterebbe più solo a disegnare ma anche a scriversi la storia.
La suggestione di Catacchio segue di pochi giorni un’altra suggestione/provocazione di Luigi Bernardi che proponeva, mutatis mutandis, un’antologia in cui otto scrittori diversi compongono otto episodi diversi che poi sarò io a disegnare. Il nono me lo posso fare io in solitaria.
Uno scambio continuo e totale di ruoli e contributi. Apartments diventa un punto di partenza comune, un cantiere aperto. Potrebbero essere due antologie davvero interessanti se non altro per vedere come si sviluppano intrecci, fili narrativi, espressioni emotive e stilistiche estrapolate da un contesto privato com’è stato Apartment fino a poco tempo fa. In questo modo il progetto assumerebbe sempre più una natura condominiale e non solo per quanto riguarda la struttura narrativa.
Non mi resta che proporre il primo sondaggio:
Sareste favorevoli alla realizzazione di queste due nuove antologie di Apartments?
La rielaborazione, interpretazione, possessione di personaggi già esistenti mi affascina moltissimo e non penso affatto di essere l’unico. Mi piacerebbe raccontare una storia usando uno o più personaggi di altri autori, di altre epoche. Senza ironia, con un approccio assolutamente serio. Non sarebbe un’appropriazione indebita ma penso solo un atto d’amore. Tuttavia ritengo che tale atto potrebbe incorrere in qualche fraintendimento e problemi da un punto di vista legale. Sarebbe interessante vedere una serie di personaggi trasformarsi in maschere pubbliche come quelle della commedia dell’arte. Personaggi che moltiplicandosi, smembrandosi e ricomponendosi assumerebbero davvero una reale dimensione popolare.
Lancio anche il secondo sondaggio e mi rivolgo soprattutto agli autori:
Sareste disposti al sciare che altri autori usassero i vostri personaggi nelle loro storie?
Chiudo allegando una vignetta del Viaggiatore. Sono a buon punto, recupero posizioni. Spero che rpeso lo possiate leggere anche voi.

giovedì, aprile 20, 2006

intervista radiofonica

comunicazione di servizio.
sabato 22 dalle 13 alle 14 sono ospite al Garage Ermetico trasmissione che va in onda su Radio CittàFujiko. I residenti a Bologna o dintorni che volessero ascoltarmi possono sintonizzarsi sui 103.1 in FM mentre gli altri che abitano altrove possono andare sul sito web della radio.
http://radiocittafujiko.it/home/.
parlerò delle mie utlime uscite, di fumetto in generale e di tutto quello che verrà dalla conversazione.

martedì, aprile 18, 2006

l'ultimo giorno di Elvis

Mi piace andare in giro per le (ormai poche) librerie dell’usato. Vittima della passione dei sensi di colpa compro quasi sempre qualcosa che prima o poi leggo nel corso del tempo, specie nei momenti di vuoto. Uno degli ultimi acquisti è stata una biografia su Elvis Presley. Un tascabile in brutte condizioni, sgualcito, vissuto, letto più volte, pasticciato di scritte. Apparteneva a una ragazza. Anche senza leggere il nome lo si capisce. Usa quella calligrafia tonda e grassa molto simile a quella delle compagne di classe ai tempi del liceo. Quando ne sentiva la necessità sottolineava, commentava. Un’esternazione continua che distrae. Quasi un libro nel libro e a volte è proprio lo spirito voyeur a vincere.
Mi chiedo perché poi ci si debba disfare di un libro che si ha amato tanto, che ti ha accompagnato magari anche in momenti cruciali. Com’è che si cambia così tanto, com’è che si arriva all’esigenza di disfarsi di una parte di sé in un modo così netto. Però il libro non viene distrutto, non viene fatto a pezzi, non viene bruciato ma piuttosto ceduto, anzi venduto. Le tracce del passaggio, della cannibalizzazione vengono lasciate intatte nella loro sfrontatezza incuranti di una qualsiasi forma di pudore. Mi fanno pure questi atti esagerati nella loro sicurezza ostentata. La storia di molti di noi né è piena. La contraddizione e il successivo superamento fanno parte della crescita e dell’essenza, del nerbo dell’individuo. Benvengano sempre. Non mi sono mai piaciuti gli atteggiamenti assoluti e totalizzanti, quelli che ti vengono sbattuti in faccia quasi per obbligarti a schierarti. Il bisogno di appartenere per forza alla tribù sempre in guerra.

In quella forma di dedica, tributo, omaggio d’amore dichiarato e suggellato dall’impronta delle labbra cariche di rossetto c’è tutta quella carica vitale di una ragazza che ora avrà 16 anni in più rispetto alla data scritta in alto. Mi piacerebbe incontrarla e le chiederei perché è finita con Elvis e se ci sono stati altri dopo di lui.

Ho letto quella biografia di Elvis e dopo un po’ sono andato direttamente alla fine, nei pressi della sua morte. All’ultimo giorno. Alla serie infinita di psicofarmaci allineati sul comodino.
Nomi di medicine che possono essere veri o di fantasia che non cambierebbero nulla. Conta solo la quantità e il rituale che si reitera.
Quaalude, Secondal, Tuinal, Amytal, Valium, Demerol, Valmid, Placydil.
Nomi esoterici, elitari e lontanissimi. Suonano come i personaggi goffi di un brutto romanzo fantasy.

venerdì, aprile 07, 2006

My own Blues. Incontrando Robert Johnson


Il blues non mi è mai piaciuto e forse anche per questo non mi sono sforzato nel cercare di capirlo. Una questione di frequenze sonore, brani che quando iniziavo ad ascoltare sapevo già come andavano a finire, la ripetività infinita. Per me il blues sempre stato il peggio dei Doors dal vivo, il peggio dei Rolling Stones, B.B. King enorme che dondolava sulla chitarra a D.J. Television (preistoria dei videoclip), la spocchia melensa di Eric Clapton. Ogni tanto qualcuno mi dava dei consigli per una buona discografia, quasi tutti mi invitavano ad avvicinarmi a John Lee Hooker, ma io niente imperterrito e irremovibile nel mio rifiuto. Così nella mia piccola collezione di vinile e di CD non compare nemmeno un disco di blues. O meglio di blues come viene etichettato e riposto negli scaffali dei negozi. Per me blues era ed è uno stato dell’anima e allora considero blues Nick Cave, Jeff Buckley, Tom Waits, Matt Johnson (The The), Mark Hollis (Tal Talk), Bruce Springsteen acustico (Nebraska), Chet Baker sia con la voce che con la tromba.
È così è stato per tutti questi anni.
Eppure i luoghi dove nasce il blues sono tra i miei luoghi letterari preferiti. Intensi, carichi di mistero, ricchi di fiabe nere di morte, d’amore e di sangue. Terre infinite attraversate da un fiume infinito. Ho letto Mark Twain in passato e lo sto rileggendo adesso, leggo del Texas orientale di Landsdale, mi sono immerso nella decadenza sonnolenta e polverosa delle pagine di Donna Tartt, vinto e avvinto da storie e atmosfere immaginandomi altre colonne sonore che non fossero mai di blues tradizionale.
Poi qualche tempo fa leggevo in treno sulla tratta Parma Bologna Tishomingo Blues di Elmore Leonard nella traduzione italiana di Wu Ming 1. Siamo dalle parti del Delta, caldo torrido, acqua, tuffi nelle piscine dei resort ultra kirsch e campagna. Il gangster dandy, questo Robert Taylor, nero di Detroit, dice a un certo punto:
- Se non conosci questo non conosci il blues.
Un suono ruvido di chitarra ritmica.
- Cazzo, ma di quand’è?
- Inciso settant’anni fa. Ascoltalo bene, questo è Charley Patton, la prima superstar del blues. Senti, qui, grezzo e duro, ti arriva bello potente! Questa è High Water Everywhere, parla dell’inondazione del ’27, che ha cambiato la geografia del Delta. Senti che dice:
“Volevo andare sulle colline ma la via era sbarrata”.
Respinto dalla legge. I terreni alti erano solo per i bianchi. Scrivevano canzoni su quello che gli capitava, sulla loro vita, su com’erano fottuti dalla legge o dalle donne che li lasciavano. Tutto sull’uomo e la donna, la vita nelle piantagioni, il lavoro nei campi, le catene ai piedi... Quest’uomo Charley Patton, col suo stile ha influenzato Son House, e Son House ha influenzato il più grande bluesman di tutti i tempi, Robert Johnson. Robert Johnson ha influenzato Howlin’ Wolf e tutta la scena di Chicago e questi ultimi hanno lasciato il loro marchio su tutti quelli venuti dopo. Compresi gli Stones, I Led Zeppelin, Eric Clapton.

È stato questo elenco a darmi la scossa. Non per i nomi degli artisti, che come ho già detto non rientrano nella mia hit parade, ma proprio per la scansione, per il ritmo, la storia, la leggenda che si viene a creare semplicemente elencando dei nomi, il passaggio, il canto che viene tramandato.
È dentro a questo elenco snocciolato con sentimento straordinario da Robert Taylor /Elmore Leonard che ho intravisto per prima volta il blues. L’ho sentito per la prima volta. Chiaro e forte.
Sono andato a comprarmi un CD di Robert Johnson. Ce ne sono diversi ma tutti con gli stessi brani. 29 canzoni riconosciute a cui se aggiungono delle altre sotto forma di frammenti, inediti ritrovati per un totale di 40 brani. Ho ascoltato Robert Johnson più volte. Mentre disegnavo, mentre continuavo a leggere Tishomingo Blues, mentre andavo a cercare notizie e testi su di lui. Mentre facevo altro o giravo per casa. Il mio blues quotidiano.
Anche se le incisioni sono molto vecchie e di scarsa qualità la voce ti entra dentro lo stesso, ti attraversa e affonda feroce. Alla fine ho capito che quella lentezza, implacabile che a volte si scuote con acuti improvvisi è il battito, il respiro. Il cuore che pulsa, i polmoni che respirano, la macchina della vita non è altro che il blues. Complimenti! Ci ho messo 40 anni a capire qualcosa. E forse siamo appena all’inizio. Magari un giorno mi piaceranno anche Eric Clapton e i Doors dal vivo. Per ora c’è Robert Johnson che poi ritorna anche in Tshomingo Blues e anche prossimamente su queste pagine.

Saluti da White Plains (NY, USA)


è tardi. Ultimo giro di posta quotidiano. oggi non ho disegnato niente del Viaggiatore, me ne dispiace e la privazione mi infastidisce. in compenso qualche giorno fa ho fatto l'ultima vignetta del volume. una panoramica aerea di White Plains (NY, USA) dove si svolge la storia. è questa che vedete.

lunedì, aprile 03, 2006

segnalazioni


volevo ringraziare Nicola d'Agostino e Sara per avermi postato un disegno che ho fatto in occasione del Comicon di Napoli. lo ripropongo anche qui perché l'ho disegnato con piacere, come del resto questo giro di dediche napoletane. disegni fatti con i tempi giusti, con la china e con l'acquerello indaco. nel frattempo si poteva anche chiacchierare con i lettori che alle fiere è la cosa più bella.
segnalo il sito di nicola
http://www.nezmar.com

voglio anche segnalare la nuova uscita di Onofrio Catacchio per le edizioni Cut Up. si tratta di un'affascinante rivisitazione della Fattoria degli Animali a cura di Andrea Balzola. il titolo "La fattoria degli anormali" è decisamente inquietante.
http://www.onofriocatacchio.com/news2.asp?cod=26

domenica, aprile 02, 2006

Ragione e amore

Mio padre era appassionato dei fumetti d’anteguerra specialmente quelli di autori italiani. Mi riferisco a Molino, Albertarelli, Canale, Moroni Celsi. Più o meno tutti a un certo punto della loro carriera affrontavano un testo di Salgari. Negli anni ’70 si cominciavano a trovare in giro in circuiti quasi clandestini, sicuramente esoterici delle ristampe. Molte erano con una nuova veste grafica, altre invece fedeli all’originale e addirittura in copia anastatica. Mio padre aveva preso contatti con molti di questi piccoli editori e comprava per corrispondenza oppure quando poteva li andava a trovare di persona. Io spesso lo accompagnavo. Mi ricordo di un editore che ristampava in grande formato anastatico l’Orlando Furioso di Albertarelli (opera tra l’altro sublime che esaltava al massimo i vertiginosi funambolismi poetici di Ariosto). La sede dell’editore era in uno scantinato, forse una cantina, a Firenze. Un luogo quasi misterioso, sicuramente ascetico, invaso da pile di ristampe. Parlarono per ore. C’era molta nostalgia, ma anche e soprattutto molto amore per quei fumetti.
Riprendo e rilancio la provocazione lanciata da Igort in un post su Barnaby.
Quanti sarebbero i lettori che avrebbero voglia di leggere Barnaby et similia?
Io non so come rispondere, ma penso di sapere cosa potrei fare. Informare prima di tutto. Parlare, scrivere, raccontare. Chi sa non deve stare zitto. A volte l’informazione desta la curiosità, suscita interesse, può creare domanda e rendere maturi il tempo di una riproposta matura e critica. È vero che negli scaffali dei remainders ci sono tantissimi volumi di bei fumetti, spesso dimenticati. Il fatto è che non tutti i già pochi frequentatori delle librerie visitano abitualmente i remainders e poi si tratta anche delle confezioni editoriali. In tanti casi tali edizioni risultano datate nella grafica, nella copertina, nella carenza di un approccio critico. Una riedizione accurata, fatta appunto con amore, aiuterebbe non poco un’eventuale riproposta in libreria. Mi viene da pensare ai volumi dei Peanuts curati da Seth. Come ho già scritto non sono un appassionato sfegatato di Snoopy e soci ma vedendo un’edizione simile faccio davvero fatica a resistere all’acquisto (c’entra anche il costo elevato è ovvio). In Italia di recente è uscito il primo volume delle ristampe integrali di Krazy Kat. L’impianto è lo stesso della versione americana con grafica di copertina di Chris Ware, le note italiane sono a cura di Luca Boschi che ha fatto un bel lavoro e non è reponsabile della scelta infelice della carta. Sarei curioso di conoscere le reazioni del pubblico a questa iniziativa, quindi invito quelli che l’hanno letto a intervenire nel dibattito unitamente a Luca Boschi stesso che ci può raccontare cosa l’ha spinto a intraprendere questa operazione (assolutamente necessaria aggiungo).
Mi immagino gli alti rischi economici a cui si può andare incontro a varare iniziative simili, immagino e capisco la titubanza, io però che non sono editore ma in questo caso solo lettore e appassionato (che compra i libri) rispondo a Igort dicendo che oltre a Barnaby leggerei con piacere una lunga lista di opere troppo a lungo trascurate. Per esempio Felix the Cat (non solo quello di Pat Sullivan), tutto Popeye (e come potrebbe altrimenti...), Pogo di Walt Kelly (mai apprezzato come merita). Mi fermo qui che è meglio.

Barnaby di Crockett Johnson


“Probabilmente solo oggi nel 1970, dopo una qualche educazione al fumetto quale mezzo d’espressione, Barnaby può essere apprezzato come merita un fumetto singolare, in bilico tra favola e scienza, in anticipo e in ritardo insieme su qualsiasi tempo immaginabile, tanto disperato almeno quanto ilare. Barnaby è un fumetto unico.”
Così scriveva Oreste del Buono nella prefazione dell’Oscar Mondadori dedicato a Barnaby di Crockett Johnson. Parole lucide che non hanno perso affatto di significato. Dopo 36 anni dalla pubblicazione in volume tascabile siamo ancora lì senza una ristampa, senza un’edizione critica, una riproposta. E me ne dispiace perché è ingiusto e immeritevole che opere come Barnaby finiscano nell’oblio o nella migliore delle ipotesi negli scaffali di una libreria dell’usato dove ho comprato qualche settimana fa -per la terza volta mi pare- la raccolta dell’unico fumetto realizzato da Crockett Johnson. Lui nato David Johnson Leiski di solito scriveva e illustrava libri per ragazzi e per l’infanzia. Barnaby è stata la sua unica incursione in un linguaggio fratello come quello del fumetto. C’era la guerra. In Europa e nel resto del mondo c’era la guerra. In America no. Tutti erano andato a combatterla oltre gli oceani, però anche lì ci si preparava alla guerra. Esercitazioni con la contraerea, oscuramenti, restrizioni e razionamenti del cibo e delle risorse e poi tutti in fabbrica a costruire cannoni e munizioni, aerei e navi. È davvero inusuale che si parli di tali argomenti in un fumetto per bambini. Che se ne parli in tono lieve, quasi di sfuggita, senza retorica e facile patriottismo. Forse a leggerlo bene Barnaby non è proprio un fumetto per bambini. Anzi. È un fumetto infinito, come quei romanzi che ti accompagnano per tutta la vita e che ogni volta che li leggi ti sembrano diversi, quasi cresciuti di pari passo a te, la tua ombra, la tua coscienza. Barnaby appartiene a questa categoria di privilegiati – ma al contempo anche di sfortunati data la loro difficile collocazione-.
Io ho incontrato Barnaby, anzi Mr. O’Malley, passando davanti a una libreria di via Dante a Cagliari dove ho trascorso gli anni decisivi della vita. Sarò stato in terza elementare e già da un annetto collezionavo Devil e l’Uomo Ragno. Mio padre che conosceva tutti i fumetti non conosceva Barnaby e sulle prime non sembrava molto intenzionato ad acquistare il libro. Fu mia mamma dopo pianti e lagne reiterate a comprarmelo. Forse l’unico fumetto che mi abbia mai comprato, lei mi foraggiava di Salgari e Verne. Credevo che Barnaby fosse quell’omino grasso vestito di verde munito di minuscole ali rosa che campeggiava sulla copertina. Ci rimasi un po’ male a scoprire che Barnaby era invece il bambino. I protagonisti sono quelli della copertina, e che diamine! Mi faceva uno strano effetto leggere le storie con quel lettering da libro e non da fumetto. Mi sembrava brutto e mi ricordava i fumetti del Monello e dell’Intrepido scritti a macchina ma in maiuscolo. Poi mi sono abituato e l’ho letto. Il mondo parallelo di Barnaby, Mr. O’Malley volevo che diventasse anche il mio. Volevo che si materializzasse intorno a me. Era un mondo magico ma semplice, alla portata di tutti. Non avevo mai visto disegni come quelli di Crockett Johnson. Lineari, ma morbidi e mai freddi, li sentivo intimi senza riuscire a definire il perché. I disegni non avevano prospettiva, sfondi, ambienti e oggetti erano sistemati come quinte teatrali, non avevano spessore, volume, però c’erano. Esistevano. Mi piaceva poi che le figure si vedessero quasi sempre per intero, che i personaggi camminassero, si spostassero in quello spazio fantastico e di cartone che ricordava i programmi della TV dei Ragazzi. L’ho letto e riletto senza che mio padre lo aprisse mai. Allora ci rimasi male, ora so anche perché. Non ne aveva bisogno, lui era come Barnaby. Anche da adulto non aveva mai abbandonato quello sguardo di stupore che andava ben oltre la realtà quotidiana. Mio padre ha sempre avuto vicino il suo Fato Padrino e magari era proprio Mr. O’Malley.



Ho ricomprato per la seconda volta L’oscar di Barnaby quando stavo da poco a Bologna. Forse a un mercatino del libro usato. Lessi con più attenzione la prefazione di del Buono scoprendo che la prima apparizione di Barnaby risaliva niente meno che al 1947 sulle pagine de Il Politecnico diretto da Elio Vittorini per poi essere riproposto proprio da Oreste del Buono su Linus. Non furono apparizioni molto apprezzate, tant’è che i lettori di Linus lo relegarono al penultimo posto della classifica gradimento preceduto solo da Krazy Kat. I preferiti erano e sono tutt’ora i Peanuts. La cosa strana è che Krazy Kat e Barnaby sono tra i miei fumetti preferiti e che invece a differenza di milioni di miei coetanei non ho mai comprato il diario Linus ai tempi di scuola. Fedele al diario Vitt. In quel mio secondo approccio non mi limitai a leggere solo la prefazione di OdB. C’erano anche i dodici episodi della serie. Scoprii l’aspetto psicanalitico, quello più adulto. Il signor O’Malley era la materializzazione del bisogno disperato di avere altre prospettive, altre vie di fuga. Un’alternativa alla vita da adulto basata sul buon senso e sulla routine e poi la sera in poltrona a fumare la pipa ed ascoltare la radio (ora la TV). Mr. O’Malley è un Peter Pan meno fisico e più introspettivo, molto più realistico, infatti non ti porta in nessuna isola che non c’è. Basta osservare meglio, concentrarsi e lasciarsi andare allo stupore. Quel senso di meraviglia quasi del tutto perduto. Non è un caso che questo secondo approccio a Barnaby abbia coinciso con la lettura del saggio sulla letteratura fantastica di Todorov.
Ho comprato Barnaby per la terza volta qualche settimana fa in una delle poche librerie dell’usato superstiti in questi tempi di grossa distribuzione. Ci vado da anni e non solo perché è vicino a casa.
Ho riletto Barnaby vivendolo nella sua totalità. Adulto e bambino. Con gli occhi di un adulto (quale sono diventato obbligatoriamente) e con gli occhi di mio figlio. Non mi sono messo a disegnare Mr. O’Malley solo per pudore e per rispetto al personaggio e all’autore, ma avrei davvero voglia di leggere tutti quegli episodi mai scritti. Confesso che però sarei quasi appagato se qualche editore, e mi rivolgo soprattutto a quegli editori amici e sensibili, prendessero in considerazione l’idea di una bella ristampa. Forse a distanza di 36 anni dal pocket Mondadori il pubblico è pronto ad apprezzare Barnaby e non solo perché è un fumetto unico.

sabato, aprile 01, 2006



foto scattata e gentilmente concessa da smokyman durante una sessione di dediche al Comicon di Napoli di marzo scorso presso lo stand della Black Velvet.
Sentitamente ringrazio.

Messaggi nella bottiglia

Si cambia.
innanzitutto si cambia nome. d'ora in poi il mio blog si chiamerà "Radio Herzberg". Era il titolo di una storia apparsa su Dolce Vita nel lontano '89. L'avevamo realizzata in coppia, Menotti e io. c'eravamo divisi i compiti in una ripartizione senza frontiere, scrivevamo insieme, disegnavamo insieme. idem per le chine. Radio Herzberg era una radio clandestina in tempo di dittatura che rincuorava gli ascoltatori che avevavo la fortuna di captare le frequenze pirata. Radio Herzberg era nascosta tra i monti in un punto inaccessibile, irraggiungibile. Quasi un luogo mitico, di sicuro leggendario. Forse le voci venivano da un altro tempo, da un altro luogo e si erano perse nell'etere, forse non c'era nessun dj a chiamarsi Florian Szabo. Da Radio Herzberg arrivavano i messaggi, messaggi affidati a bottiglie viaggianti nella corrente. Ci piaceva l'idea delle voci che attraversavano il tempo, come la luce delle stelle esplose da secoli, come le sonde esiliate in un esplorazione senza fine in giro per lo spazio. da quel numero di Dolce Vita non abbiamo più fatto altre storie su Radio Herzberg. Ora a distanza di 17 anni le voci ritornano in questo mio nuovo blog che parte da presupposti un po' diversi dal Gabos Inside che l'ha preceduto. non ci sarà solo un diario di bordo che racconta quasi in diretta la cronaca della mia attività di autore, Radio Herzberg sarà una vetrina, un'occasione per parlare e discutere di cose che mi piacciono e che mi fa piacere condividere. Una radio silenziosa ma ricca di immagini. I miei messaggi nelle bottiglie. Spero che qualcuno di essi giunga a destinazione e stimoli una discussione che coinvolga soprattutto i viaggiatori di passaggio, i visitatori abituali, gli ospiti sempre graditi.

A volte le storie iniziano da sole